Solamente tre settimane fa sembrava un drammatico evento che riguardava “gli altri”. Poi i casi di Coronavirus hanno iniziato ad aumentare anche a Malta, e la preoccupazione è stata tale tra i suoi abitanti da far passare in “secondo piano” quello che davvero il Covid19 sta provocando: la morte economica di una nazione. 

“La carità comincia a casa. Il nostro focus sono i lavoratori maltesi e gozitani (gli abitanti dell’isola di Gozo, ndr.). Nel momento in cui i lavoratori stranieri perdono lavoro, dovranno tornare nel loro paese”.

In tanti, negli scorsi giorni, hanno letto o persino sentito parole che nessuno – in questa particolare situazione, che si tratti di un cittadino europeo, o meno – avrebbe mai voluto sentire. Parole pronunciate dal Ministro dell’Economia maltese, Silvio Schembri, il quale, poche ore dopo, è corso “ai ripari”, attribuendo il peso delle sue affermazioni a “un’infelice scelta di termini”.

Ma sono state parole che hanno lasciato “il segno” nell’anima di tutti, maltesi e non. Parole che pesano in un momento di emergenza umanitaria: Schembri sembra proprio aver rimarcato sul fatto che c’è cittadino e cittadino. Difendere la propria Nazione da un disastro economico, non è una cosa a cui si è abituati, ma ci si dovrebbe ricordare come una grossa percentuale di professionisti e lavoratori operanti in diversi settori – dall’edilizia all’informatica – a Malta proviene proprio dai Paesi che in un primo momento lo stesso Schembri ha dato l’impressione di aver voluto penalizzare, con atteggiamenti giudicati discriminatori dalla maggioranza dell’opinione pubblica.

Stando alle fonti riportate dal quotidiano nazionale “Times of Malta”, ammettendo di poter contenere l’epidemia nell’arcipelgo maltese entro i prossimi 4 mesi, la ripresa dell’economia potrebbe richiedere un altro anno ancora.

Le stesse stime contano la diminuzione di un punto percentuale del Prodotto interno lordo. Previsioni che hanno comunque carattere di supposizione, più che di certezza. E il virus, nelle ultime settimane, ha fatto ben capire – anche a chi ne aveva fatto oggetto di scherno in merito all’ “eccessivo allarmismo italiano” – che la situazione non si può sottovalutare.

Nonostante questo il governo Abela – che ha indetto una conferenza stampa straordinaria nella serata di martedì 24 marzo – sta cercando di elaborare “un piano di salvataggio” in termini di aiuti economici ad imprese e lavoratori.

Robert Abela è tornato a parlare in pubblico dopo diversi giorni, avendo dato l’impressione che il ministro alla Salute Chris Fearne, avesse in qualche modo preso il sopravvento all’interno del governo.

Fulcro della conferenza stampa: un secondo pacchetto di misure economiche “anti crisi” – dopo una prima manovra da 1,8 miliardi di euro, fortemente criticata e giudicata “insufficiente” –, che segna, secondo le parole del Primo Ministro, uno “storico patto tra le parti sociali, e che definisce la grandezza del popolo maltese in delle circostanze senza precedenti come queste”. Una misura che tenterà di alleviare per un anno la situazione di circa 60mila lavoratori. Vediamo quali.

Previsti per tutti i lavoratori dei settori più colpiti dall’emergenza – vendita all’ingrosso, vendita al dettaglio, alberghi e strutture ricettive, ristoranti e gastronomie, guide turistiche, agenzie di viaggio, sicurezza, edilizia, trasporto, arti e spettacolo e servizi alla persona (barbieri, estetiste e parrucchieri) – una quota pari a 800 euro, con un’integrazione di 400 euro a carico dei datori di lavoro, per un totale di 1200 euro mensili.

Tutti i datori che si troveranno impossibilitati nel provvedere al versamento della quota stabilita, saranno tenuti a registrarsi presso il “Dipartimento delle Relazioni Industriali”, per ottenere anche la restante parte del sussidio direttamente dal Governo.

Previste misure anche per settori meno colpiti dalla crisi, ma comunque in difficoltà – come il settore manifatturiero – con un sussidio dal Governo pari alla paga di un giorno di lavoro a settimana per lavoratore.

Mantenuto “lo stop” per il pagamento delle tasse e dell’Iva da parte degli esercenti – manovra già annunciata con il primo pacchetto “anticrisi” – , con slittamento dei pagamenti per l’intera durata della crisi economica.

Previsto infine un ulteriore sussidio, pari ad 800 euro mensili ed erogati fino a ripresa dell’attività lavorativa, per le famiglie nelle quali uno dei due genitori è stato costretto a rimanere a casa con i figli –causa chiusura scuole – rinunciando all’impiego non svolgibile da casa, ed a tutti i lavoratori dipendenti licenziati dal proprio impiego a partire dal 9 marzo.

Resta comunque in ballo la spinosa questione degli affitti, per i quali non sono previste riduzioni – così come per le bollette – in quanto questi sono regolati da contratti tra privati, e non prevedono l’intervento diretto del Governo.

Abela ha però esortato i proprietari alla responsabilità in questi momenti difficili, proprio in virtù del fatto che molti abitanti che usufruiscono del contratto d’affitto, fanno parte della categoria di lavoratori in difficoltà.

Nonostante la manovra “SalvaMalta” ed il continuo “sperimentare” su un nuovo modo di far businness – lo “smart working” (il lavoro da casa), ed il “food delivery” (il cibo a domicilio) a cui molti ristoranti si sono dovuti adeguare – la popolazione è sempre più scoraggiata e gli esercenti esasperati. Ben presto, finite le risorse personali, questi ultimi saranno costretti ad operare numerosi tagli sul personale. Una visione pessimistica, ma molto vicina alla realtà che potrebbe davvero portare al “fallimento” dell’intero arcipelago maltese.

Nella foto: uno scorcio suggestivo di Malta

Valentina Contavalle