I 164 migranti, tra cui numerosi minori non accompagnati, che nell’agosto del 2019 furono soccorsi dalla nave spagnola Open Arms, in attesa di ottenere un porto di sbarco, fino a quel momento rifiutato dal Viminale guidato in quel momento da Matteo Salvini, “vennero costretti forzatamente a rimanere a bordo per sei giorni, dal 14 agosto sino all’esecuzione del sequestro preventivo, in data 20 agosto (solo per i soggetti minorenni, sino al 18 agosto, data in cui ne venne autorizzato lo sbarco)”.

A scriverlo sono le tre giudici del Tribunale dei ministri di Palermo nella richiesta di autorizzazione a procedere per Salvini accusato di sequestro di persona. “La protrazione della loro permanenza a bordo della Open Arms, per le precarie condizioni, sanitarie, psico-fisiche e logistiche, in cui essi versavano ha certamente compresso in modo rilevante e, dunque, giuridicamente ‘apprezzabile’ la loro libertà di movimento”, dicono i magistrati. “La privazione di libertà personale dei soggetti a bordo della Open Arms ha dunque assunto carattere di illegittimità, non solo in quanto inflitta in violazione di precise norme di rango primario, ma altresì in quanto non era consentita né imposta da alcuna ragione giuridicamente rilevante”.

“Il reato di sequestro di persona” contestato dal Tribunale dei ministri di Palermo “risulta aggravato dal fatto che la condotta è stata commessa da parte di pubblico ufficiale con abuso dei poteri inerenti alle sue funzioni” scrivono le tre giudici nella richiesta di autorizzazione a procedere al Senato. “Non è infatti dubitabile che l’indicazione del Pos (porto sicuro ndr) o il suo diniego era atto rimesso al Ministro dell’Interno che avrebbe dovuto emetterlo quale pubblico ufficiale nell’esercizio di una funzione amministrativa, e che lo stesso ha abusato di tali poteri sviando la funzione esercitata dal risultato per il cui conseguimento essa era normativamente riconosciuta (emissione dell’atto conclusivo di un evento SAR, in funzione di tutela della vita in mare, secondo quanto prescritto dalla normativa nazionale e sovranazionale più volte ricordata) verso finalità ad esso estranee, quale la difesa dei confini, con prioritario accento sulla tutela della sovranità dello Stato, in violazione della citata normativa”. “Altresì configurabile è l’aggravante integrata dalla minore età di alcune delle persone offese, dato che solo in data 18 agosto 2019 fu consentito lo sbarco dei 27 minori non accompagnati che si trovavano ancora a bordo”, dicono ancora le giudici.

L’ex ministro dell’Interno, nell’agosto 2019, “era pienamente consapevole di come il proprio rifiuto di concedere alla Open Arms un Pos (porto sicuro ndr) sulle coste italiane incidesse, comprimendoli, sugli interessi e i diritti fondamentali delle persone soccorse” scrivono le tre giudici del Tribunale dei ministri. “Vale la pena di ricordare come le autorità ministeriali coinvolte erano perfettamente a conoscenza e non hanno mai posto in dubbio che all’origine della intera vicenda vi fossero episodi di soccorso in mare di persone in situazione di difficoltà, tanto che lo stesso decreto interministeriale del 1° agosto 2019 assume tale dato di fatto tra le sue premesse, affermando che si era avuto un soccorso di natante ‘in distress’ – dicono i magistrati nel provvedimento – Inoltre, la presenza a bordo di minori, di soggetti che intendevano avanzare richiesta di asilo e, più in generale, il progressivo peggioramento delle condizioni psicofisiche delle persone trasportate erano circostanze puntualmente portate, in tempo reale, a conoscenza del Ministro, per il tramite di Imrcc che trasmetteva ogni notizia all’Ufficio di Gabinetto”.

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