“È la massoneria che comanda, che ha la forza di andare avanti e sviluppare la nostra economia. È ormai documentato attraverso numerose indagini che Cosa Nostra e la ‘Ndrangheta sono cresciute proprio grazie alla massoneria”.

Queste pesanti affermazioni non sono state proferite da uno dei tanti opinionisti della domenica, che discettano di zona e contropiede, o da un qualunque ragioniere al bar, inebriato dal caffè corretto, ma giungono dalla viva voce di Federico Cafiero De Raho, Procuratore Nazionale Antimafia.

Inutile dire che, in un paese realmente libero, esse avrebbero provocato vive e vivaci reazioni, fiere proteste e financo denunce penali, tendenti a ristabilire il buon nome della vecchia e cara massoneria italiana.

Invece niente. Unica, flebile risposta, una dichiarazione del gran Maestro del Grande Oriente d’Italia, Stefano Bisi, che si dice “dispiaciuto che un così alto ed apprezzato magistrato si lasci andare a esternazioni così gravi e generiche” aggiungendo il timore “che si scateni l’ennesima ingiusta e inqualificabile caccia al massone.”

A questo punto sentiamo la necessità di rincuorare il buon Stefano Bisi, mite e democratica creatura, nelle sue più profonde e recondite paure. Non ci sarà alcuna caccia, signor Bisi, stia pur tranquillo. Non ce ne furono nemmeno dopo Caporetto, quando la solita, italianissima, commissione d’inchiesta sentì la necessità di stralciare dal rapporto finale ben 18 pagine sulle presunte responsabilità di tale Pietro Badoglio, futuro maresciallo d’Italia e capo del governo, nonché, secondo un numero di Rivista Massonica del ’76, organo ufficiale del Grande Oriente d’Italia, affiliato proprio alla Loggia che lei sì degnamente rappresenta.

Non ce ne furono per Raul Palermi, gran maestro di rito scozzese di Piazza del Gesù, che in occasione della Marcia su Roma avrebbe assicurato a Mussolini (l’episodio è riportato da Renzo De Felice) l’aiuto di “ufficiali del Comando della Regia guardia, di alcuni comandanti di reparto della guarnigione di Roma e del generale Arturo Cittadini, aiutante di campo del Re.”

E rimanendo in epoca di fascismo, nessun pogrom o persecuzione afflisse i gerarchi, ecumenicamente ripartiti tra le diverse logge, inclusi i quattro quadrumviri Balbo, De Bono, Bianchi e De Vecchi, il segretario del partito Starace e l’eroe Costanzo Ciano.

Altresì non mi pare siano andati incontro a chissà quale triste destino gli esponenti della Loggia Propaganda 2, familiarmente detta P2, tra cui erano annoverati stimati politici, eroici militari e grandi artisti. I quali hanno tutti proseguito, senza incontrare ostacolo alcuno, nelle rispettive carriere fino ad arrivare, almeno in alcuni casi, a cariche di grande prestigio e responsabilità.

Chiaramente, in un grande paese come l’Italia esistono sempre le eccezioni. Pertanto le assicuro che nessuno ha dimenticato le sofferenze di quell’apprezzatissimo rappresentante di materassi di nome Licio Gelli, vittima di un’orrenda campagna persecutoria che lo relegò in ingiusta e illiberale cattività all’interno di una villa con trenta ettari di parco, in una delle zone più esclusive dell’aretino. Ma questa, come si suol dire, è l’eccezione che conferma la regola.

Sursum corda, dunque, mio caro Bisi, nessun timore di persecuzioni. Certo, se prestassimo orecchio alle parole di Cafiero De Raho, i timorosi dovremmo essere noi umili profani. Di essere, per esempio, leggermente discriminati in occasione di concorsi, appalti e altri risibili ludi democratici, ma anche da questo punto di vista mi sento di tranquillizzare chicchessia.

Non saranno insignificanti vicende come il crack dell’Ambrosiano, il Noto Servizio, il Piano Solo, la Rosa dei Venti, la morte di Calvi e Sindona e altre simili quisquilie, bazzecole e pinzillacchere, a minare la profonda fiducia che l’opinione pubblica italiana nutre, da sempre, nei confronti della massoneria.

Alla quale, è risaputo, si aderisce con l’unico scopo di migliorare l’uomo e l’umanità, elevandosi ai supremi livelli dello spirito. E se pure qualche malintenzionato vi aderisse per fini personali ed egoistici, quali scoprire la pietra filosofale o l’elisir di lunga vita, si tratterebbe di umane miserie che non devono in alcun modo influenzare il nostro spassionato giudizio. Mi permetta dunque di inneggiare alla gloria del Grande Architetto.

Doppiamente. In primis da italiano, per quanto il mio paese vi deve o vi dovrà. E subito dopo da siciliano. Dal momento che la mia grande terra può rivendicare con orgoglio di aver dato i natali a uno tra i più illustri e autorevoli massoni di ogni epoca: Giuseppe Balsamo, sedicente conte di Cagliostro.

Alessio Pracanica