Sabato sera, mentre calava il sipario su Voculanzicula di Martoglio e assieme al pubblico salutavo con applausi ripetuti e convinti le performances degli attori, non ho potuto fare a meno di ripensare al discorso di saluto di Ottavio Sangani, presidente della Brigata d’Arte, e così, senza sapere neanche come, mi sono ritrovato catapultato nella Belpasso della seconda metà degli anni Ottanta e nel contesto particolare che la caratterizzava: senza cinema e senza teatro, in seguito alla chiusura di due strutture storiche (Cinema Eden e Caudullo) e alla sospensione delle attività alla Fenice, quartier generale della Brigata d’Arte; sport più tra bassi che tra alti con il calcio ai minimi storici (con la nuova squadra, nata dalla fusione tra Belpasso e Belpassese, a vivacchiare nelle zone basse di campionati anonimi) e la pallavolo costretta ai salti mortali a causa della penuria di impianti sportivi. Per non parlare poi della politica, assai attenta a stoppare qualsiasi tentativo di cambiamento per attestarsi su una statica normale amministrazione, e della criminalità che cominciava a fare sentire gli effetti della sua ingombrante presenza. In un simile contesto si pensò che la ripresa dell’attività teatrale avrebbe potuto costituire un segnale, anche piccolo, di inversione di tendenza.

L’attore Miko Magistro. Sopra: la locandina della “prima” della Brigata d’Arte

E fu così che si progettò la Stagione di Prosa “Inverno-Primavera” 1987, lavoro di apertura “Annata ricca, massaru cuntentu”. Un Progetto nato non per caso, ma conseguenza di una lunga elaborazione e articolato lungo due punti fermi: andare oltre la tradizione perché insistere in tal senso avrebbe potuto relegare l’attività teatrale in un ambito troppo angusto e paesano e pensare a una nuova Politica in grado, senza negare aprioristicamente il passato di aprire nuove prospettive.

L’avere avuto questa intuizione e l’avere tracciato le linee essenziali di questa politica, che in seguito sarebbe stata contrastata a parole, ma non nei fatti, è uno dei meriti più grandi della Brigata d’Arte. Infatti questa politica, che si è caratterizzata, e continua a caratterizzarsi, non soltanto per la produzione di spettacoli propri, ma anche per la proposta di spettacoli esterni allestiti da Compagnie di professionisti anche di giro nazionale ha prodotto risultati che sono sotto gli occhi di tutti.

Grazie a questa politica è stato mantenuto il legame con il teatro dialettale siciliano, ma nello stesso tempo sono state realizzate operazioni legate al Teatro di impegno, al Teatro leggero ed al Teatro musicale (Varietà, Operetta e Melodramma), offrendo così al pubblico non solo l’occasione di ampliare i propri orizzonti e di affinare i gusti, ma anche l’occasione per concentrare la propria attenzione su una varietà di temi sui quali riflettere.

Un momento dello spettacolo di apertura della Brigata d’Arte

Un po’ come è successo ieri sera con Voculanzicula, o l’Altalena, con la quale Martoglio – ora con una battuta, ora con un movimento ora con una risata – riesce a stimolare l’attenzione sui problemi dell’attualità quotidiana. Una messa in scena, quella curata da Massimo Leggio, che non solo è riuscita nell’impresa di fare convivere numerosi solisti – Miko Magistro (Ninu), Bruno Torrisi (Neli), Pippo Barone (Pitirru), Carmela Buffa Calleo (Za’ Sara) e lo stesso regista (Mariddu) – al punto da farli diventare una vera e propria orchestra, ma ha valorizzato le qualità di tutti gli altri, da Lucia Portale (Ajtina) a Turi Scuderi (devoto di S. Agata), da Alessandro Sparacino (‘Gnaziu) a Matilde Masaracchio (Flavia) e Claudia Sangani, che nel ruolo di una stranissima Nunziata ha confermato la sua innata versatilità.

Davvero un bell’esordio, quello della storica compagnia fondata a Belpasso dal commediografo Antonino Russo Giusti nel lontano 1943, proponendo questa Voculanzicula. Un’operazione alla quale, a volere essere pignoli, si può rimproverare la ricerca della comicità ad ogni costo nel terzo atto, che, attraverso l’ insistita accentuazione di alcune gags e di certi movimenti, ha sacrificato in qualche modo il lieto fine della storia. Scelte tuttavia giustificabili, se si mettono in relazione a quanto diceva un anziano spettatore che, uscendo dal teatro, ricordava un’analoga edizione con protagonista il grande Turi Ferro. Se questi sono gli umori del pubblico… 

Vito Sapienza

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