Malta. Questo paese, che prima apparteneva alla gente, adesso sembra essersi perso. Nel giro di pochissimi anni, un’escalation inarrestabile di benessere e di denaro ha lasciato parecchie macerie dietro di sé. La popolazione civile comincia a rendersi conto che molte cose non vanno. E prende d’assalto una capitale ormai blindata.
Quella che era stata l’eccellenza Europea nel 2018, la capitale della cultura, è stata teatro di veri e propri atti di guerriglia: appena due notti fa una folla si è radunata di fronte all’Auberge de Castille, sede dell’ufficio del Premier Muscat, affiancata da molti giornalisti, tra cui gli italiani Sandro Ruotolo e Paolo Borrometi, e dai figli della giornalista maltese assassinata il 16 ottobre 2017, Daphne Caruana Galizia: Matthew e Paul. Si protesta in nome della giustizia, della libertà di stampa, chiedendo le immediate dimissioni del Primo Ministro. La tensione è davvero alle stelle.
Proprio in quelle ore, nelle sale del Castille, è in corso ormai da parecchie ore una seduta straordinaria del Consiglio dei Ministri: riserbo su tutti gli argomenti trattati, ma sembra quasi certo che Muscat abbia voluto accertare chi fosse ancora al suo fianco – ben 14 ministri su 22 si schierano a favore di una sua possibile dimissione – per ricompattare l’esecutivo, ma soprattutto per decidere sull’annosa questione dell’indulto richiesta dall’attuale sospettato numero uno, nel caso dell’omicidio di Daphne Caruana Galizia, Yorgen Fenech, indulto peraltro già ottenuto per Melvin Theuma, l’intermediario arrestato quasi per caso pochi giorni fa e che fece il nome dell’imprenditore.
Da quel momento, un susseguirsi di eventi a catena hanno portato alle dimissioni di due ministri, come già noto, ed all’arresto del Capo di Gabinetto, Keith Schembri, rilasciato nell’arco di 48 ore poiché gli inquirenti non hanno ritenuto di avere prove sufficienti che legassero Schembri in maniera diretta all’omicidio della blogger maltese. Il Consiglio dei Ministri ha deciso infine di negare l’indulto per Fenech – da sottolineare che la stessa famiglia Caruana Galizia, dopo l’incontro con il Procuratore Generale, si è totalmente schierata contro il provvedimento di indulto -, i cui legali hanno risposto rivolgendosi direttamente al presidente della Repubblica George Vella. E poi il “dramma”, l’evento che non ci si aspetta da un Paese che si è sempre professato democratico.
Sono le 3.30 di oggi quando 40 giornalisti, tra cui i nostri connazionali, insieme a Paul Caruana Galizia, vengono sequestrati all’interno di una sala dell’edificio, i cui accessi sono bloccati da cinque uomini, inizialmente pensati come poliziotti in borghese, tuttavia totalmente sconosciuti dai presenti. Dopo momenti di panico e urla, in quei minuti interminabili, le porte vengono aperte. Soltanto dopo, secondo alcune fonti, i cinque uomini si identificheranno come “security man”, alcuni di essi visti al fianco di Ministri e facenti parte dello staff di Muscat; tra questi, Mark Gauci, conosciuto a Valletta come “Il lupu” per il suo aspetto.
Nello stesso momento manifestanti all’esterno dell’edificio, in un primo momento allontanati dagli uomini della sicurezza, vengono assaliti da un gruppo di sconosciuti. Eppure in merito a queste vicende incresciose, all’interno della sala del Castille il governo continua a tacere. Al contrario della società civile, che per tutta la giornata di ieri non s’è risparmiata: nella mattinata studenti dell’università di Malta hanno indetto una grossa manifestazione nel perimetro dello Skatepark a Msida, in prossimità di una delle arterie principali che collegano la capitale al nord dell’isola, paralizzando totalmente il traffico per diverse ore, in concomitanza con la giornata del “blackFriday”, causando peraltro non pochi disagi anche ai turisti.
“Grazie Daphne, grazie per i tuoi avvertimenti. Scusa se c’è voluto così tanto per iniziare a far pulizia”. “Siamo arrivati alla fine della strada, adesso siamo costretti a svoltare”.Questi i cori che si levano di fronte all’Auberge de Castille, quando alle 18 di ieri, le proteste si sono accentuate. Ancora una volta “contro un governo corrotto”, dicono i manifestanti: rumorosamente, compatti e uniti, credendo in una cosa sola. Questa volta in migliaia cantano per diverse ore: sulla musica di una nota canzone del cantante italiano Marco Masini, le cui parole sono un chiaro sberleffo, la società civile chiede ancora una volta le immediate dimissioni del Premier.
Muscat, dal canto suo continua a prendere tempo: nonostante parte del suo partito sembra sganciarsi dalla sua linea politica, ormai giunta al capolinea, continua a dichiarare di voler restare nella sua posizione, almeno fin quando il caso Caruana Galizia non sarà risolto. La sensazione è che ci si trovi di fronte ad un terribile bivio politico e processuale. A cosa credere: a chi dice che si è conclusa la caccia ad esecutori e mandanti, oppure che la congiura ordita per eliminare una giornalista scomoda vada oltre Malta?
Ma rimane sempre una domanda in sospeso: perché? E perché il Premier Muscat, nonostante sia stato abbandonato da parte del suo stesso Governo, continua a non cedere sul caso Galizia? Per quale motivo non sono mai stati destituiti dai loro incarichi uomini al suo seguito, ma legati alle inchieste della giornalista? Sembra si voglia propendere per l’ipotesi di essere giunti alla “fine del tunnel”, ad un passo della chiusura di un caso d’omicidio, che è stato, e che continua ad essere, la spina nel fianco dello Stato più piccolo dell’Unione europea. Ma la “BlackWeek”, la settimana nera, qui a Malta non è ancora finita.
Valentina Contavalle
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