I furbetti del cartellino colpiscono ancora, ma stavolta cercando perfino la complicità di ignari bambini che avranno scambiato le furbate dei grandi per un innocente gioco da ragazzi. Succede a Piedimonte Etneo, dove ben 48 dipendenti comunali “sistematicamente, dopo aver timbrato’ il proprio badge”, secondo la ricostruzione dei Carabinieri, “si assentavano dal posto di lavoro per dedicarsi alle attività più disparate, fare la spesa, distribuire quotidiani, curare i propri interessi nelle loro abitazioni private o nelle seconde case di campagna”.
Qualcuno addirittura, sempre secondo l’Arma, “non soddisfatto di ricevere un salario adeguato per l’attività lavorativa, peraltro ‘mai svolta’, compensava utilizzando il veicolo di proprietà del comune per esigenze strettamente legate alla sfera privata. Non mancavano mai i casi nei quali il collega compiacente “strisciava” il badge dell’altro dipendente per farlo risultare sul posto di lavoro quando invece si presentava ad orari di comodo o, addirittura, non si presentava affatto”.
Quel che “appare oltremodo significativo – scrivono ancora i Carabinieri – ai fini della comprensione dell’elevata percezione d’impunità da parte degli odierni indagati, è il fatto che siano stati talvolta utilizzati anche dei minorenni per la vidimazione dei badges, commessa addirittura in una occasione alla presenza di una ispettrice della polizia municipale”.
Per questo su disposizione della Procura Distrettuale della Repubblica, i Carabinieri della Stazione di Piedimonte Etneo hanno notificato nei giorni scorsi 48 avvisi di conclusione delle indagini preliminari ad altrettanti indagati, tutti dipendenti del Comune. I soggetti, alcuni dei quali sono stati già collocati in pensione, sono indagati per il reato di truffa aggravata in concorso per fatti risalenti al periodo dal maggio al luglio 2015.
Durante le indagini, svolte dai carabinieri del luogo e coordinate dal magistrato titolare del fascicolo, sono state attivate delle telecamere, nonché eseguiti dei servizi di osservazione e pedinamento. Si è accertato anche che un gruppo di dipendenti “infedeli” erano “vincolati, in molti casi, da rapporti di parentela e, quindi, reciprocamente animati da una eccessiva ‘comprensione’ anche di fronte a plateali violazioni di legge”.
Barbara Contrafatto
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