Ci auguriamo che questa indagine su Silvio Berlusconi in merito alle stragi del 1993 e al fallito attentato a Maurizio Costanzo finisca con un nulla di fatto. Ce lo auguriamo vivamente nei confronti di chi, per anni, è arrivato a negare l’evidenza, dileggiando chi – attraverso atti giudiziari, libri, articoli scritti anni prima rispetto alla famosa “scesa in campo” – molto umilmente ha cercato di spiegare che il fondatore di Mediaset era il peggio che la politica e l’imprenditoria italiana potessero esprimere.

Hai voglia a spiegare a certi incredibili personaggi che ti circondavano col loro carico di aggressività e di boria, transitati dal carro scudocrociato al carro berlusconiano in un paio d’ore (e oggi in quello salviniano), che il loro nuovo leader – a prescindere dalle indagini a suo carico – doveva dar conto sull’appartenenza alla P2 (organizzazione eversiva accusata di essere dietro alle stragi e ai delitti eccellenti degli anni Settanta e Ottanta); sulle amicizie mafiose (a cominciare da Vittorio Mangano, legato al fondatore di Forza Italia, Marcello Dell’Utri, ma non solo); sul conflitto d’interessi e su tanto altro.

Tempo perso. Chi si permetteva di parlar male del Cavaliere era bollato come “comunista”, “nipotino di Stalin”, “invidioso”, qualche volta perfino “geloso” delle sue conquiste femminili.

Un delirio durato vent’anni – tanti quanti l’altro magico ventennio – che ha completato la mutazione antropologica di un popolo già indottrinato all’illegalità da quegli altri due “galantuomini” di Stato come Giulio e Bettino, con il loro esercito di collusi, di profittatori di Stato e anche di persone perbene.

Dovevate vederli quanto veleno verso Caselli, verso Borrelli, verso Ingroia, verso quei magistrati che si erano permessi di fare le indagini costoro spruzzavano, anche verso chi, sgomento, cercava di ricondurli alla ragione. Che pena! È proprio vero che a fare paura non è Berlusconi, ma il berlusconismo che c’è in noi.

È in nome di quella pena infinita che ci auguriamo “un nulla di fatto” delle indagini su Berlusconi. Perché se dovesse essere confermato che dietro le stragi del’93 c’è stato lui (anche lui), come dichiarato da tempo da alcuni collaboratori di giustizia; se dall’inchiesta di Firenze dovessero emergere degli elementi addirittura sul fallito attentato di un suo dipendente come Maurizio Costanzo (autore di trasmissioni molto efficaci contro la mafia), la pena si trasformerebbe in nausea e poi in qualcosa di molto più stratificato e profondo. Auguri Silvio.

Luciano Mirone