La Fondazione “La città invisibile” di Catania intende avanzare al Legislatore una serie di considerazioni e proposte, frutto di un’esperienza pluriennale nel recupero e nella difesa di minori disagiati e a rischio, con l’intento di aprire un dialogo costruttivo in materia di affidamenti facili, uscendo dalla condizione di emergenza che si è creata nel Paese a seguito dei casi documentati di abusi da parte degli organi istituzionali competenti, nell’esercizio dei loro poteri e prerogative.

Innanzitutto ribadiamo con forza i principi etici sottesi alla Legge 184, ovvero che “il minore ha diritto di  crescere ed essere educato nell’ambito della propria famiglia” (art. 1). Famiglia è il nucleo nel suo complesso e nei suoi rapporti interpersonali oltre che per i legami di sangue o di diritto ad essa riconosciuti.

1.      Abolizione del tribunale per i minorenni, non per tagliarne i costi, ma per applicare le prerogative offerte dal processo ordinario quale il diritto al contraddittorio e il diritto alla difesa. Le relazioni dei servizi sociali su cui si appoggiano le decisioni del tribunale per i minorenni, sono vere e proprie indagini che vengono effettuate senza nessun diritto per le parti coinvolte di assistere o di intervenire per dire la propria, neanche attraverso un consulente di parte. Nel tribunale civile ad esempio in caso di divorzio le parti hanno la possibilità di nominare un consulente tecnico e di ottenere un contraddittorio. Le relazioni degli assistenti sociali invece sono rese disponibili alle parti solo dopo che si è conclusa l’istruttoria. Le parti non possono indicare propri testimoni. Inserire l’obbligo di sentire terze parti chiamate dalla famiglia naturale  (associazioni, parroci, insegnanti scolastici, insegnanti di musica, allenatori sportivi, ecc., che a vario modo conoscono il minore e possono aiutare a individuare una soluzione idonea al suo disagio.

2.      Obbligo di videoregistrazione di ogni intervento istituzionale ovvero dei  colloqui con gli assistenti sociali, con la neuropsichiatria, con gli educatori, con i tutori, con i curatori, con i mediatori, con personale sanitario, con personale scolastico, o con qualunque adulto rientri a vario titolo e in vario modo d’ufficio nel procedimento di affido. Videosorveglianza delle case famiglia.

3.      Trasparenza dei bilanci delle case famiglia e degli enti affidatari e pubblicazione in un apposito sito pubblico delle entrate e uscite per bambino da parte delle stesse. Trasparenza nella composizione degli organi dell’ente privato, degli eventuali soci e collaboratori. Obbligo da parte degli operatori sociali (e se resta l’istituzione del tribunale dei minori obbligo anche per i giudici onorari) di dichiarare per iscritto all’atto dell’inizio del procedimento eventuali collaborazioni o interessi con case famiglia e/o enti affidatari e obbligo di astenersi dal procedimento su richiesta della famiglia naturale. Una dichiarazione generale va comunque rilasciata annualmente nelle mani del responsabile dei servizi sociali o del tribunale.

4.      Istituzione di un organo per il monitoraggio, la verifica e la certificazione da rilasciare, qualora richiesta, alle parti coinvolte nei procedimenti che riguardano i minori, sull’assenza di conflitto di interesse dei magistrati e dei vari enti istituzionali coinvolti nei procedimenti trattati. I magistrati, i servizi sociali, i consulenti tecnici d’ufficio, i tutori ed i curatori speciali coinvolti non possono essere contestualmente dirigenti od avere mansioni presso case famiglia o strutture specializzate nell’accoglienza dei minori, né avere parenti fino al terzo grado all’interno di queste.

5.      Divieto di affidamento a enti che appartengono a soggetti coinvolti in attività politica, o con ruolo politico, o che hanno legami familiari con assistenti sociali, giudici o altri soggetti coinvolti nel procedimento ubicati nel territorio provinciale fino al terzo grado di parentela.

6.      Sottoporre a test psico-attitudinali annuali tutti gli operatori istituzionali che in funzione, vengono attivati nelle varie fasi del procedimento, vagliate da specialisti.

7.      Istituzione dell’Albo degli educatori, con opportune verifiche delle competenze e delle credenziali.

8.      Mobilità del personale dei servizi sociali per impedire incrostazioni dannose all’autonomia di sorveglianza e giudizio degli stessi.

9.      Divieto assoluto di sottrazione dei minori per ragioni di natura economica. Ricorso a strumenti di sostegno alla famiglia, aumento degli stessi.

10.  Sostegno alla genitorialità da parte degli educatori e dei servizi attraverso percorsi di assistenza psicologica, di mentoring, di counseling e di coaching parentale.

11.  Potenziamento della figura del Garante per l’infanzia anche  a livello provinciale, in modo da ricevere relazioni dal Tribunale e dai Servizi Sociali dei procedimenti di affido in corso. Il garante deve essere di nominato tra persone di specchiata moralità, competenza e indipendenza e non deve avere legami con soggetti che sono proprietari o responsabili di case famiglia o soci di esse. Il Garante per l’infanzia deve essere dotato di poteri ispettivi presso le case famiglia e di poteri di accesso agli atti del procedimento di affido, compresi i colloqui del minore con gli attori del procedimento stesso.

12.  In particolare la Procura dedicata ai reati contro i minorenni sarà interessata ai casi segnalati dal Tribunale penale di famiglie appartenenti ai clan mafiosi. La presenza dei minori in tali famiglie deve essere, di concerto con tutte le istituzioni preposte, sorvegliata assiduamente. In molti casi l’allontanamento del minore dalla famiglia mafiosa sarà un vantaggio per la stessa giustizia, poiché comporta che il minore possa essere liberato dal giogo perverso di una cultura malavitosa e dall’altra parte, una efficace lotta all’espansione del clan, se non la cancellazione del futuro dello stesso, con indubbio vantaggio per la comunità.

13.  Divieto per i giudici coinvolti nei procedimenti riguardanti i minori di intrattenere rapporti di ogni tipo con i proprietari o i soci delle cooperative proprietarie delle case famiglia (divieto ad esempio di inaugurare case famiglia o presenziare a feste o manifestazioni organizzate da tali enti).

14.  Incremento del numero di magistrati che si occupano di procedimenti sui minori.

15.  Le relazioni emesse dai servizi sociali e le perizie tecniche d’ufficio non siano usate dai magistrati dei tribunali civili ordinari o dei minorenni, come mezzi di prova, ma siano ritenute orientative al fine di predisporre eventuali accertamenti per l’acquisizione di giuste ed inconfutabili prove rilevabili solo per mezzo della Procura della Repubblica area penale. E che i minori non possano essere allontanati dalla famiglia di origine solo sulla base degli orientamenti scientifici dei consulenti tecnici d’ufficio nominati dai tribunali civili, se non supportati dalle acquisite prove in ambito penale.

In conclusione ci sembra opportuno segnalare che qualunque riforma si voglia attuare su questo fronte, data la delicatezza della materia, vadano ascoltate anche le opinioni di enti di puro volontariato che si spendono da anni senza lucro a sostegno d minori e delle loro famiglie. La città invisibile, con il suo metodo “Scuola di vita e orchestra Falcone Borsellino” ha ottenuto vantaggi tangibili in situazioni difficili. Una opportuna valorizzazione dell’esperienza di questo come di altri analoghi enti, può costituire un plus costruttivo per l’elaborazione di norme più rispondenti al concetto di “Famiglia” espresso dall’art. 1 della legge 185.

Fondazione “La Città Invisibile”