Quando le donne subiscono violenze e maltrattamenti di ogni tipo dai loro uomini, e per anni – magari con l’illusione di mantenere gli equilibri familiari – non parlano, non si confidano, non denunciano, fino ad abbandonarsi a una situazione di sottomissione che le distrugge e le umilia, e allora, solo allora, quando ormai scatta “il punto di non ritorno”, si decidono a raccontare tutto alle Forze dell’ordine.

È quanto è accaduto a una signora ventisettenne di Mascali (Catania), da tempo vittima delle vessazioni del marito, L.A., 30 anni, indagato per i reati di maltrattamenti contro familiari e lesioni personali aggravate, oggi sottoposto a misura cautelare in carcere eseguita dai  Carabinieri della Stazione di Mascali, su disposizione dei magistrati di Catania.

Le indagini hanno messo in evidenza come la donna abbia patito nel corso della convivenza matrimoniale atteggiamenti aggressivi, prevaricatori e violenti da parte del marito, nonché minacce e costrizioni fisiche che l’hanno di fatto relegata ad una condizione di asservimento psicofisico.

L’uomo, schiavo della droga e dell’alcool, ha sfogato le proprie frustrazioni sulla donna reiterando le condotte vessatorie anche quando la vittima era in attesa del loro unico figlio.

In tal senso si citano alcuni episodi di inaudita violenza che mettono a nudo la personalità corrotta e spregiudicata dell’odierno indagato: quello avvenuto il 10 marzo 2018 quando, dopo averla percossa sulla schiena, sul volto e sulle braccia, mentre si trovavano in auto, la costringeva a scendere dalla macchina abbandonandola in strada (la donna visitata e medicata in ospedale – dichiarerà ai sanitari di essere caduta accidentalmente –  riportò “algie pelviche e sacrale in donna alla 15^ settimana di gravidanza”); quello accaduto il 26 giugno 2018 quando in piena notte, dopo essere rientrato in casa in stato di alterazione psicofisica da assunzione di sostanze, dapprima svegliava la moglie costringendola ad un rapporto sessuale, quindi, non soddisfatto della prestazione la picchiava con pugni e schiaffi al capo e al volto causandole, come refertato dai medici, delle lesioni guaribili in 15 giorni patite da donna alla 31^ settimana di gestazione.

Fino a giungere all’episodio clou dell’intera vicenda, del 10 aprile scorso, quando al diniego espresso dalla moglie di consegnargli dei soldi per l’acquisto della droga, prendeva una sedia, la scaraventava a terra rompendola e prelevava con la forza il loro bambino, di appena sette mesi, e in piena notte senza coprirlo adeguatamente lo portava con se in macchina per allontanarsi senza meta fino a che non veniva rintracciato da una pattuglia di carabinieri. Punto di non ritorno che ha costretto la donna a trasferirsi, insieme al figlioletto, dalla casa coniugale a quella dei suoceri.

L’intervento dei carabinieri ha consentito agli stessi di far luce sui fatti riuscendo anche a ridare fiducia alla vittima che per paura di ritorsioni non aveva mai denunciato il marito.

Difatti, tramite l’acquisizione delle testimonianze della donna, dei suoceri e dei responsabili dei servizi sociali comunali, gli investigatori hanno potuto raffigurare un quadro indiziario a carico dell’indagato che non ha lasciato alcun dubbio al giudice il quale, accogliendo la richiesta del magistrato della Procura della Repubblica, titolare dell’indagine, ha emesso la misura restrittiva. L’uomo è stato rinchiuso nel carcere di piazza Lanza a Catania.

Barbara Contrafatto