La Corte di Cassazione “annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata, nonché quella emessa dal Gip del Tribunale di Catania in data 26/11/2018 ed ordina l’immediata liberazione di Calanna Graziano”, sindaco di Bronte dal 2015, agli arresti domiciliari dallo scorso 30 novembre, in quanto accusato dai magistrati di Catania di avere chiesto ad un’azienda interessata all’affidamento della gestione della manutenzione e sfruttamento dell’energia elettrica prodotta dall’acquedotto comunale di “prevedere nel piano dei pagamenti di spesa da far approvare al Comune un aumento del valore di 20.000 euro del costo del collaudo”. Denaro che, sostiene la Procura, Calanna voleva per sé. La richiesta, successivamente, secondo la ricostruzione dei magistrati, sarebbe stata rifiutata dall’imprenditore.

In ogni caso, il primo cittadino brontese, quando è stato sentito dagli inquirenti, ha “negato decisamente di aver chiesto utilità illecite per sé o per i propri amici e dimostrando come nel particolare caso di finanza di progetto, la ipotizzata condotta di istigazione alla corruzione sarebbe stata del tutto impraticabile”.

In particolare, hanno detto i suoi legali Maria Mirenda e Carmelo Peluso, Calanna ha dichiarato di “avere manifestato l’interesse pubblico all’opera, esaurendo gli atti di sua competenza perché ogni ulteriore approvazione sarebbe stata appannaggio del Consiglio comunale di Bronte”.

Adesso si aspettano le motivazioni della Suprema Corte per comprendere le ragioni del provvedimento.

Dal momento in cui il sindaco di Bronte è stato relegato ai domiciliari, la Giunta è stata presieduta dal vice sindaco Giuseppe Messina e dagli assessori espressi dalla maggioranza di centro sinistra che sostiene l’Amministrazione comunale. Nel corso di questi mesi il Movimento 5 Stelle di Bronte ha chiesto le dimissioni del sindaco, della Giunta e dei consiglieri di maggioranza per tornare alle urne. La richiesta non ha sortito effetti.

Nella foto: Graziano Calanna, sindaco di Bronte

Barbara Contrafatto