“A seguito dello sbarco nel porto di Catania di quarantasette migranti trasportati dalla motonave “Sea Watch 3”, avvenuto alle ore 10,30 circa del 31 gennaio 2019,  questa Procura distrettuale ha proceduto all’iscrizione di un procedimento penale nei confronti di ignoti per i delitti di associazione a delinquere finalizzata all’agevolazione dell’immigrazione clandestina (art. 416, 6° co. c.p.) e di agevolazione dell’immigrazione clandestina (art. 12 co. 3bis del D.Lvo n. 286/1998)”.

Questo il comunicato diffuso stamane dalla Procura della Repubblica di Catania, che così prosegue: “Il gruppo di lavoro specializzato nel contrasto alle attività dei trafficanti di esseri umani, che da tempo opera in questo settore, si è avvalso del prezioso contributo delle migliori Forze di Polizia operanti in materia, dal Servizio Centrale Operativo della Polizia di Stato, alla Squadra Mobile della Questura di Catania, dal Nucleo di Polizia Economico – Finanziaria alla Sezione Operativa Navale della Guardia di Finanza, per effettuare indagini ad ampio spettro, finalizzate ad individuare da una parte i trafficanti libici che hanno organizzato la partenza dei migranti dalla costa libica, dall’altra gli scafisti che hanno condotto il gommone poi soccorso dalla “Sea Watch 3” ed accertare infine la liceità della condotta tenuta dai responsabili di quest’ultima motonave. Tralasciando per esigenze di segreto investigativo le emergenze dei primi due filoni di indagine, deve in questa sede evidenziarsi che sotto il terzo profilo le attenzioni degli investigatori si sono concentrate su alcuni aspetti critici ritenuti meritevoli di approfondimento, costituiti  da un lato dalla scelta della motonave di non dirigersi verso le coste tunisine, come fatto da alcuni pescherecci che in condizioni di mare critiche si erano rifugiati presso quelle coste, dall’altro dalle dichiarazioni  rese dal comandante della motonave e dal coordinatore del team della motonave che si occupa della ricerca e dei recuperi in mare circa il non  funzionamento del motore e la mancanza di una persona che fosse alla guida del gommone, dichiarazioni che apparivano contraddette da quelle rese da alcuni migranti che hanno invece  asserito che il motore del gommone era funzionante al momento del soccorso e che il natante era guidato da uno di loro.

Gli approfondimenti investigativi hanno però consentito di accertare quanto segue per quanto attiene alle scelte adottate dalla motonave sulle rotte  da seguire:

a)      dal giorno del trasbordo dei migranti sulla Sea Watch 3, avvenuto  il 19.1.2019 sino alle ore 12,20 circa del 21 gennaio la motonave rimaneva all’interno dell’Area sar libica in attesa di ricevere risposta alle proprie richieste di indicazione del P.O.S. rivolte alle Autorità MRCC di Libia, Malta e Italia.  Con la prima Autorità le comunicazioni si sono interrotte perché i libici mostravano di non comprendere la lingua inglese, mentre quelle italiane e maltesi avevano rappresentato la loro non competenza ad agire secondo le norme delle convenzioni internazionali. Durante questi due giorni le condizioni del mare si erano mantenute buone.

b)      Dalle ore 12,20 del 21 gennaio la motonave aveva effettuato un cambio di rotta verso Nord in direzione del Canale di Sicilia in condizioni meteomarine che non presentavano alcuna situazione di pericolo per la motonave e dalle ore 1 del 22 gennaio la navigazione era proseguita verso le coste di Lampedusa a seguito di convocazione da parte della Procura della Repubblica di Agrigento, poi revocata. La nave rimaneva in tale area sino alle ore 13 del 23 gennaio, perché successivamente l’imminente e previsto peggioramento delle condizioni meteomarine in zona induceva il Comandante a procedere verso le coste orientali della Sicilia piuttosto che dirigersi verso le coste tunisine, benché più vicine in termini di distanza. Tale decisione è apparsa giustificata agli investigatori perché la rotta tunisina avrebbe costretto la nave a muoversi “in direzione della perturbazione meteo in arrivo”.

c)      Da quanto detto sub a) e b) emerge che le condizioni meteo marine avverse si sono presentate quando ormai la motonave si trovava in posizione tale da rendere più sicura la rotta verso la Sicilia orientale e che invece la scelta del 21 gennaio di dirigersi verso Nord in direzione del Canale di Sicilia, allontanandosi dalle coste tunisine, non era dettata da alcuna situazione di pericolo.  Secondo i testi della motonave escussi tale opzione era dovuta al fatto che  in precedenti esperienze le Autorità tunisine non avevano consentito a quella ONG neanche di approdare presso i loro porti per fare rifornimento. La veridicità di tale dichiarazione sembra trovare conforto nelle dichiarazioni rese dal responsabile di MRCC olandese, contattato dai colleghi italiani, che ha asserito di avere – di propria iniziativa e senza informare il comandante della motonave  – richiesto alle autorità tunisine di consentire l’approdo nei loro porti del natante, senza riceverne alcuna risposta. Tale circostanza è invero sintomatica della linea di condotta  che le Autorità tunisine hanno deciso di adottare nei confronti delle ONG.
In tale situazione non può pertanto ritenersi ingiustificata la scelta del comandante della motonave di dirigersi a partire dal 21 gennaio verso Nord alla ricerca di un POS.

Per quanto concerne le dichiarazioni rese dai testi della motonave sulle condizioni del gommone soccorso, gli approfondimenti investigativi hanno permesso di accertare quanto segue:

a)      Uno dei migranti escussi, a differenza di vari altri, ha dichiarato che il motore del loro gommone si era spento prima dell’arrivo della motonave, così confermando le dichiarazioni dei responsabili della motonave. Ma in ogni caso la situazione di distress che giustificava il soccorso da parte di Sea Watch 3 era dovuta, oltre che alla palese inidoneità tecnica del gommone ad affrontare la traversata, alla circostanza, confermata dai migranti escussi, circa il progressivo sgonfiamento dei tubolari del gommone, da cui tutti sentivano fuoriuscire dell’aria, sgonfiamento che avrebbe inesorabilmente portato all’affondamento del natante. In tale situazione l’ulteriore approfondimento circa la necessità di un immediato intervento della Sea Watch appare del tutto superfluo: invero, la questione avrebbe rilevanza se la motonave si fosse affrettata a intervenire per anticipare l’intervento di una motovedetta delle autorità libiche, responsabili dell’Area Sar in cui stava operando, ma – come si è detto – per ben due giorni nessuna motovedetta libica è intervenuta in quella zona.

Dalle risultanze investigative non è emerso, pertanto, alcun rilievo penale nella condotta tenuta dai responsabili della Sea Watch 3.

Nel corso degli accertamenti – e sul punto merita una particolare menzione  il prezioso contributo ad alto contenuto tecnico offerto dalla Guardia Costiera –  sono però emersi dati significativi in ordine all’inidoneità tecnico strutturale della predetta motonave a effettuare un’attività sistematica di soccorso in mare dei migranti, qual è quella che l’omonima ONG  ha deciso di svolgere. Presso il registro nautico olandese la motonave in questione è registrata come natante da diporto e di esso presenta tutte le caratteristiche, con tutto ciò che ne consegue in termini di inidoneità ad ospitare  – per una traversata in alto mare che presenta innegabili profili di rischio per le condizioni meteo marine che possono frequentemente verificarsi  – un numero di passeggeri ben più elevato di quello per il cui trasporto è stata concepita. Le autorità olandesi, come risulta dal carteggio acquisito in atti, hanno acquisito consapevolezza in ordine alla necessità di introdurre nella loro legislazione dei requisiti ulteriori rispetto a quelli previsti per le imbarcazioni da diporto nel caso di natanti che intendono svolgere in mare un’attività sistematica di soccorso dei  migranti e hanno provveduto a modificare la loro normativa, che però non è ancora applicabile ai natanti già registrati. Tale problematica presenta però dei profili generali di sicurezza per la navigazione che sembrano suscettibili di particolare attenzione da parte di tutti i Paesi che sono coinvolti a vario titolo nelle attività svolte in mare dalle ONG”.

Redazione