Se la sinistra italiana vuole salvarsi e riprendersi l’identità perduta, deve seguire l’esempio di Leoluca Orlando che apre le porte di Palermo ai migranti disobbedendo al decreto Salvini, il cosiddetto “decreto sicurezza”, messo a punto per quanto riguarda le norme che negano la possibilità di concedere la residenza anche a chi ha un permesso di soggiorno (l’articolo 13 delle legge 132).

Un provvedimento del genere arriva mentre una nave carica di migranti vaga nel Mediterraneo – come è successo tante volte nei mesi scorsi – perché non c’è un porto, anche italiano, disposto ad ospitarla. Ecco allora che il primo cittadino di Palermo rompe gli indugi e dà una lezione di politica, di civiltà e di vita all’Italia e all’Europa, consentendo agli extracomunitari con permesso di soggiorno di ottenere il certificato di residenza per accedere alle cure mediche e ai servizi primari di cui ogni essere umano ha diritto.

La nave carica di migranti che da diversi giorni vaga nel Mediterraneo

Le regole innanzitutto. La legge pure, assolutamente. Quelle regole e quelle leggi che impongono a tutti di pagare un prezzo se sbagliano. Ma prima delle regole c’è il diritto alla vita. Questo è – al netto delle polemiche e delle diatribe in punta di diritto – la contrapposizione Orlando-Salvini, che poi è la contrapposizione fra due filosofie di vita, di cultura e di politica.

Non siamo d’accordo con chi, soffiando sul fuoco della paura, cerca di aumentare il proprio bottino di voti sulla pelle di altri esseri umani. Non siamo d’accordo con chi chiude i porti. Non siamo d’accordo con chi pone barriere. Non siamo d’accordo con chi dichiara che i migranti sono un’emergenza, in un Paese dove la criminalità organizzata comanda ormai impunemente al Sud come al Nord, il livello di corruzione è ai primi posti e quello della libertà di informazione agli ultimi.

Lo dicono le statistiche, lo dice Papa Francesco, lo dice Mimmo Lucano, il sindaco di Riace che con i migranti ha costruito un modello di accoglienza da prendere come esempio; lo dicono migliaia di volontari sparsi in tutta Italia, lo dice il cameriere con la terza elementare del bar di Palermo quando parla degli extracomunitari: “Qui si sono integrati benissimo, e sa perché? Perché in questa città abbiamo cultura”. Cultura intesa come accoglienza di civiltà eterogenee, come è avvenuto nel corso dei secoli. Una stratificazione che porta un cameriere con la terza elementare a dire una verità straordinaria. Chi non ci crede è pregato di recarsi a Palermo.

Troverà una città complessa e piena di problemi: in questo momento, in certi quartieri di periferia, i rifiuti riempiono i marciapiedi (e noi fino a ieri ne abbiamo dato notizia). E però troverà una città viva, palpitante, con uno dei centri storici più belli del mondo restituito ai cittadini, una città che sta cercando di risorgere dalle ceneri di una politica che nei decenni precedenti ha avuto sindaci mafiosi come Lima e Ciancimino, o incapaci come Cammarata.

La cultura di cui parla il signore con la terza elementare non è solo quella che si impara a scuola. Cultura è impegno per migliorare la condizione umana, è mettersi contro il potere quando mortifica i più deboli, è sporcarsi le mani per la solidarietà, la pace, il diritto ad un mondo pulito, la vita. Se non è Politica questa (quella con la P maiuscola), cos’è la Politica?

Leoluca Orlando mentre ricorda il clochard ucciso l’altro giorno a Palermo

Quando l’altro giorno il sindaco di Palermo ha preso la parola in chiesa in occasione dell’omicidio di un clochard straniero da parte di due sedicenni che gli hanno sottratto i pochi spiccioli che aveva, ha parlato di umanità e di solidarietà nei confronti degli ultimi. Uno Stato che non si fa carico di questi esseri umani, è uno Stato vuoto, senza quell’identità che – soprattutto dopo la Seconda guerra mondiale – è stata l’ossatura attraverso la quale ha realizzato una delle Costituzioni più belle del mondo. Non è la prima volta che Orlando porta avanti questi principi. Ed è incredibile che i progressisti di questo Paese non lo abbiano ancora compreso.

E’ stato bello che il suo atto di disobbedienza civile (che lui definisce semplicemente di “rispetto della Costituzione”) sia stato appoggiato dal governatore del Lazio Zingaretti, dal Pd, dai sindaci di Napoli De Magistris, di Firenze Nardella, di Parma Pizzarotti e di tante altre città italiane. Se in Italia vogliamo una politica nuova, diversa, progressista bisogna ripartire da qui.

Luciano Mirone