Dopo Nino Martoglio è stato uno dei più grandi commediografi dialettali che la scuola siciliana abbia prodotto. Antonino Russo Giusti, autore di trenta opere, fra cui “L’eredità dello zio canonico” e Gatta ci cova”, un grande successo soprattutto al teatro, ma anche al cinema, grazie a quel genio del palcoscenico che fu Angelo Musco. 

Oggi alle ore 18, presso il salone del Circolo Operai di Belpasso, nell’ambito della manifestazione culturale “ Ritratto d’Artista”,  si parla del commediografo belpassese (anche se nato a Catania) attraverso un excursus artistico-letterario curato da Margherita Francalanza, docente di Lettere nei licei. Un evento  vivacizzato dalla rappresentazione di alcune scene de “U Spirdu” , interpretate da alcuni attori della Compagnia Gruppo Teatro Città di Belpasso (Mario Morabito, Rosario Valenti, Jano Rapisarda, Serena Rapicavoli e Alessandra Vasta), commedia che debuttò con la compagnia di Attilio Rapisarda al Teatro Coppola di Catania il 5 giugno 1926, e che venne accompagnata dalle note di due grandi musicisti dell’epoca: Francesco Paolo Frontini e Gaetano Emanuel Calì.

La locandina del film “L’eredità dello zio buonanima” interpretato da Musco, che in versione teatrale si intitola “L’eredità dello zio canonico”. Sopra: un mezzobusto dedicato a Russo Giusti

Una fama, quella di Russo Giusti, in parte oscurata dalle opere di Martoglio, ma sempre viva grazie ai lavori che molte compagnie teatrali dell’Isola – anche di rango – inseriscono frequentemente nei loro cartelloni.

Per capire la personalità e il percorso di questo artista di geniale bisogna tornare ai fasti del glorioso Teatro Coppola di Catania (inaugurato nel 1821 e concesso, con delibera comunale, nel 1920 al Circolo artistico, nel cui seno operava la “Brigata D’arte” fondata dallo stesso Russo Giusti) dove si formarono, fra gli altri, Rosina Anselmi, Attilio Rapisarda, Tommaso Marcellini, Turi Pandolfini, Guglielmo e Turi Ferro.

Secondo gli studiosi, Russo Giusti avrebbe cominciato a scrivere solo dopo la morte di Martoglio (1921): prima d’allora era dedito soprattutto all’attività  di avvocato, professione che lo influenzò non poco per la stesura de “L’articolo 1083″, intitolata successivamente “Gatta ci cova”, “e “L’Eredità dello Zio Canonico”. Fu dopo i grandi successi conseguiti in Italia e all’estero che Russo Giusti lasciò il mondo forense e intraprese a tempo pieno quella del palcoscenico.

Tante le critiche positive. Una in particolare: quella del grande Renato Simoni del Corriere della Sera, che più una volta parlò in modo entusiastico dei suoi lavori teatrali.

Da buon verista “di carattere brillante” (come Martoglio), Russo Gusti ha sempre descritto le microstrutture locali con i suoi colori, il suo linguaggio, i suoi personaggi, sempre pieni di sicilianità e di ingenuità.

Fortissimo il suo legame con Belpasso, tanto da aver contribuito alla sua crescita culturale e artistica soprattutto dopo la Seconda guerra mondiale, quando si trasferì definitivamente nel suo paese di origine (vi erano nati il padre, l’avvocato Rosario Russo Moreno, e la moglie Rosa Di Mauro) a causa dei bombardamenti che avevano distrutto la sua casa di via Lincoln (attuale via Antonino Di Sangiuliano) e il Teatro Coppola.

Belpasso – secondo fonti molto autorevoli – fu un luogo di ispirazione di alcune commedie ambientate nel mondo contadino e nella aule giudiziarie.

Angelo Musco in uno dei suoi numerosi film

A Russo Giusti si deve la fondazione della più antica compagnia italiana ancora in attività: la “Brigata D’Arte Nino Martoglio” di Belpasso (dove per un periodo recitarono due attori di talento: Turi Ferro e Santo Caserta, il primo passato alla storia del teatro italiano, il secondo conosciuto solo a Belpasso, ma all’altezza della grande tradizione teatrale della sua città), che ha rappresentato molte opere del suo vasto repertorio, come del resto ha fatto successivamente anche il Gruppo Teatro che gli dedica l’evento di stasera.

Turi Ferro

Diversi gli intellettuali che si sono dedicati alla vita e alle opere di Russo Giusti. Tra questi il giornalista Luciano Mirone, che nel suo libro “Un Paese” ha riservato un capitolo al commediografo, da cui abbiamo tratto alcuni aspetti della sua biografia.

Morto il 28 Settembre del 1957, all’età di 81 anni, dell’opera russo-giustiana è stato detto molto, ma molto resta ancora da dire, se si pensa che dopo la scomparsa dei “mostri sacri” del teatro siciliano (Angelo Musco, Giovanni Grasso junior, Rosina Anselmi, Tommaso Marcellini, Attilio Rapisarda, Michele Abruzzo), diverse opere secondarie (che comunque all’epoca riscossero grande successo) sono finite nel dimenticatoio. L’augurio è quello di un recupero della memoria di questo illustre belpassese che ha dato onore alla sua città. Belpasso saprà farlo nel modo giusto.

Alessandra Vasta