Dissequestrato il patrimonio degli imprenditori palermitani Niceta, sotto sigilli dal 2013 su richiesta della procura. Si tratta di società e immobili del valore di 50 milioni di euro. Per i Niceta è il secondo provvedimento favorevole: la corte d’appello aveva già annullato un sequestro disposto dal tribunale di Trapani. Secondo gli inquirenti il capostipite della famiglia Niceta, Mario, e i figli, titolari di una serie di negozi di abbigliamento, avrebbero accumulato il loro tesoro grazie ai legami con Cosa nostra. Dopo il sequestro tutti i punti vendita hanno chiuso i battenti.
I magistrati a conferma della “mafiosità” di Niceta citano le dichiarazioni dei pentiti Angelo Siino e Tullio Cannella e parlano di “cointeressenze illecite” di Niceta e del suo contributo a Cosa nostra.
I giudici, però, sostengono che se c’è prova di un inquinamento mafioso in relazione alla Cater Bonde alla Parabancaria, le accuse riguardo alle altre attività economiche dell’imprenditore sono “generiche” (Ansa).

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Questi i rilievi rispetto alla decisione della Corte d’appello pubblicata dal sito I Sognatori Resistenti

La Corte d’Appello di Palermo ha assunto oggi una decisione sul caso Niceta. Decisione che non possiamo e intendiamo commentare nel merito, ma che NON È DEFINITIVA e ABBIAMO VALIDE RAGIONI DI RITENERE CHE VERRÀ IMPUGNATA dalla Procura di Palermo, che aveva svolto SERIE INDAGINI sulla vicenda nelle persone dei magistrati Dott. Teresi e Dott. Padova. È impreciso affermare che i sequestri siano opera della Saguto, così come va precisato che essi riguardano principalmente società con patrimoni immobiliari.

Abbiamo forti difficoltà a comprendere alcune passaggi logici del dispositivo della sentenza odierna, dal momento che leggiamo da “Repubblica-Palermo”: «IL TRIBUNALE RICONOSCE LA “PERICOLOSITÀ SOCIALE” DI MARIO NICETA, ORMAI DECEDUTO, DEFINENDOLO “IMPRENDITORE MAFIOSO” E ANCHE “SOGGETTO APPARTENENTE AL SODALIZIO MAFIOSO PER AVERE FORNITO IL PROPRIO CONSAPEVOLE CONTRIBUTO FATTIVO NELL’OPERAZIONE DI OCCULTAMENTO DI PARTECIPAZIONI SOCIETARIE”. DETERMINANTI SONO STATE LE DICHIARAZIONI DEI PENTITI ANGELO SIINO E TULLIO CANNELLA, MA ANCHE DI ANGELO NICETA. A PROPOSITO DI MASSIMO E PIERO IL PROVVEDIMENTO PARLA INVECE DI “CONTIGUITÀ CON LA FAMIGLIA GUTTADAURO, IL CUI APPOGGIO, PROTEZIONE, INTERMEDIAZIONE I NICETA HANNO CONTINUATO A CERCARE E CHIEDERE ANCHE IN TEMPI RECENTI”, ma VIENE ESCLUSA LA PERICOLOSITÀ SOCIALE DEI DUE FRATELLI, per “la mancata dimostrazione di uno specifico contributo in favore dell’attività del sodalizio” mafioso».

Una ricostruzione che in alcuni punti conferma dunque in pieno quanto dichiarato proprio da Angelo Niceta, salvo il dispositivo di cui non comprendiamo, stando a quanto riporta la stampa, la congruenza logica.
Ricordiamo infine che Massimo Niceta e Piero Niceta – insieme a Michelangelo Niceta, Giuseppe Guttadauro, Carlo Guttadauro, Filippo Guttauro e Francesco Guttadauro – RIMANGONO INDAGATI nell’inchiesta PENALE attualmente in corso sul Centro Commerciale “Forum” di BRANCACCIO.

La vicenda, dunque, rimane più aperta che mai.

IL PROVVEDIMENTO
Ora, il tribunale (presidente Raffaele Malizia, relatore Vincenzo Liotta, a latere Simona Di Maida) riconosce la “pericolosità sociale” di Mario Niceta, ormai deceduto, definendolo “imprenditore mafioso” e anche “soggetto appartenente al sodalizio mafioso per avere fornito il proprio consapevole contributo fattivo nell’operazione di occultamento di partecipazioni societarie”. Determinanti sono state le dichiarazioni dei pentiti Angelo Siino e Tullio Cannella, ma anche di Angelo Niceta. A proposito di Massimo e Piero, il provvedimento parla invece di “contiguità con la famiglia Guttadauro, il cui appoggio, protezione, intermediazione i Niceta hanno continuato a cercare e chiedere anche in tempi recenti (quando i provvedimenti nei confronti di Filippo e Giuseppe non potevano lasciare ignorare il loro spiccato profilo delinquenziale mafioso)”, ma viene esclusa la pericolosità sociale dei due fratelli, per “la mancata dimostrazione di uno specifico contributo in favore dell’attività del sodalizio” mafioso. Con la perizia i giudici hanno poi accertato che i “primi investimenti dei fratelli Niceta risalgono al 1985 e trovano giustificazione nelle risorse paterne”. Era il periodo di “pericolosità sociale del padre”, ma per il tribunale “non sono investimenti incompatibili con le risorse accumulate” in maniera lecita.

Tratta dal sito I Sognatori Resistenti