L’ex calciatore della Juventus Vincenzo Iaquinta è stato condannato a due anni di carcere nell’ambito del processo ‘Aemilia’, il più grande processo nel nord Italia contro la ‘ndrangheta. Per lui la Direzione distrettuale antimafia (Dda) aveva chiesto sei anni per reati di armi. Il padre del calciatore, Giuseppe Iaquinta, è stato invece condannato a 19 anni. Era accusato di associazione mafiosa.

“Raramente lo dico ma questa è una sentenza che grida vendetta ed è scontato che faremo ricorso” dice il suo legale all’Adnkronos, l’avvocato Carlo Taormina. “Non so come abbiano potuto dare questa pena quando si è trattato di aver omesso di comunicare alla polizia che l’arma, una pistola regolarmente detenuta con porto d’armi, era stata trasferita in un’altra località per motivi di sicurezza – spiega Taormina -. Cioè Vincenzo Iaquinta era a Torino e il padre di sua iniziativa aveva preso la pistola dalla casa del calciatore per custodirla nella sua cassaforte, perché essendo la casa del figlio vuota, aveva paura che entrassero i ladri e gliela rubassero”. “Io ero tranquillo che sarebbe stato assolto perché non c’è un elemento che potesse autorizzare a questa decisione”, aggiunge. Quanto alla posizione del padre dell’ex calciatore campione del mondo, Taormina sottolinea che “Giuseppe Iaquinta, che fu sottoposto a ordinanza di custodia cautelare in carcere, fu poi scarcerato dalla Cassazione per mancanza di indizi”. Il padre dell’ex attaccante della Juventus è stato condannato a 19 anni per associazione mafiosa. “E’ stato accertato che non ha avuto nessun rapporto né di lavoro, né di interesse con gli altri indagati – conclude Taormina -. Aveva rapporti da padre del campione del mondo ed era corteggiato da tutti”.

Nella foto: Vincenzo Iaquinta, ex calciatore della Juventus

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