Ripristinare la scorta al Colonnello dei carabinieri Sergio De Caprio, meglio conosciuto come Capitano Ultimo. È l’appello di questo giornale, che si associa alle migliaia di firme apposte recentemente per ridare la scorta all’ufficiale dei carabinieri che il 15 gennaio 1993 catturò il boss Totò Riina. Lo abbiamo scritto la scorsa settimana e lo confermiamo oggi: lo Stato non può e non deve consentire che ad Ultimo venga torto un solo capello, sia perché Ultimo ha dato un contributo fondamentale nell’arresto di uno dei mafiosi più pericolosi del mondo, sia perché è depositario di tanti segreti sui rapporti fra mafia e pezzi dello Stato, che ancora oggi costituiscono un pericolo per lo stesso ufficiale.

Durante la stesura dell’inchiesta che si conclude oggi con questo articolo, abbiamo fatto richiesta al Colonnello De Caprio di rilasciare un’intervista sull’argomento: riteniamo giusto che egli dia la sua versione dei fatti, dopo che l’ex presidente della commissione parlamentare antimafia europea Sonia Alfano (figlia del giornalista di Barcellona Pozzo di Gotto, Beppe Alfano, ucciso da Cosa nostra l’8 gennaio 1993), ha raccontato alcuni retroscena sulla mancata cattura dei boss Nitto Santapaola e Bernardo Provenzano in quel territorio. E siccome Ultimo è stato tirato in ballo, vorremmo chiarire con lui alcuni aspetti denunciati dall’ex parlamentare europea nella seconda e nella terza puntata.

Vicende tutt’altro che chiare, che non scalfiscono la nostra convinzione che al Colonnello De Caprio vada ridata la scorta. Riteniamo assurda la motivazione data nei giorni scorsi dal governo: “Non ci sarebbero particolari segnali di concreto pericolo”.

I segnali esistono, eccome: sono emersi e continuano ad emergere nei vari processi sulle stragi degli anni Novanta: personaggi importanti ancora operanti (o personaggi non molto conosciuti collegati con pezzi delle istituzioni ancora operanti) hanno avuto un ruolo fondamentale nel trattare con i boss, sia prima che dopo Capaci, sia prima che dopo via D’Amelio, sia prima che dopo la cattura dei tre grandi latitanti di Stato: Totò Riina, Nitto Santapaola, Bernardo Provenzano.

Per questo non comprendiamo che vuol dire mancanza di “particolari segnali di pericolo concreto”. In un articolo recente abbiamo detto che il colonnello De Caprio – a prescindere dalla sua buona fede – potrebbe arricchire le risultanze processuali raccontando certi retroscena che lo hanno visto protagonista da giovane capitano agli ordini del generale Mori. Ma la scorta è un’altra cosa. E gli va ridata subito. “Senza se e senza ma”.

Nella foto: il colonnello Sergio De Caprio con il volto coperto

Luciano Mirone

4^ puntata. Fine