Torniamo a suonare dal vivo il 24 gennaio 2014. Una serata entusiasmante, non solo per il ritorno dei Malibran (la nostra ultima volta all’Eight Horses risaliva al 4 agosto 2010, ed io suonavo e cantavo sulle mie gambe, dividendomi tra chitarra e flauto), ma per il ritorno alla vita del sottoscritto. L’attesa era notevole, tutti volevano essere presenti per rivedermi vivo e ancora in attività. Fioccano le prenotazioni, ed il locale si riempie all’inverosimile, tutti i tavoli e tantissima gente in piedi. Sono lì per noi, ma soprattutto per me. Una grande emozione. Suoniamo anche bene, ed io riesco a destreggiarmi sul manico del basso riuscendo a non far notare difficoltà alcuna, nonostante i problemi che ho (dita non più mobili e forti, velocità ridotta nei fraseggi, qualche ‘connessione’ non del tutto ripristinata tra mani e testa). E’ un gran successo, e, soprattutto un’ondata di affetto che mi sommerge, prima, durante e dopo il concerto. Urla ed applausi dopo ogni brano questa volta hanno un sapore assai diverso rispetto ai vecchi tempi. E, quando finiamo, tutti vogliono fare una foto o parlare con il sottoscritto. L’evento viene anche registrato con una buona qualità audio, e alcuni pezzi sono reperibili su YouTube (cercando ‘Malibran 2014’).

Giuseppe scaravilli con il “mitico” gruppo dei Malibran, tuttora in attività. Sopra: il musicista durante una performance

La data successiva all’Eight Horses (4 aprile dello stesso anno) vede arrivare addirittura il gruppo di medici ed infermieri che erano con me in sala rianimazione: ed erano tutti con gli occhi colmi di gioia, perché stavano vedendomi suonare, luminoso come quando mi ritrovo nel mondo che mi appartiene, dopo avermi visto a letto in fin di vita non molto tempo prima.

Da allora abbiamo continuiamo a suonare in giro, e proprio nel periodo in cui sto scrivendo abbiamo avuto quattro date in pochi giorni. Adesso sono anche in grado di cantare un paio di brani, cosa prima impensabile. Non abbiamo inciso dischi nuovi, ma, da quando mi sono ripreso, ne ho fatti pubblicare tre utilizzando materiale (dal vivo o in studio) che conservavo a casa, festeggiando i nostri 30 anni di carriera con l’ultimo ‘Live Anthology’, uscito proprio quest’anno, con buone vendite in Giappone. Penso io a tutto, grafiche comprese. Sono stato anche in piscina, per la riabilitazione, oltre che in vari centri. E qui una persona con difficoltà simili alle mie mi ha riferito una frase che sarebbe bene tenere a mente: “Non chiederti perché proprio a me, ma piuttosto: e perché non a me?”. Naturalmente accettare la fine improvvisa di molta parte di quello che eri non è facile. Viene definita una “elaborazione del lutto”.

Io, per superarla, mi sono rimesso in gioco con la musica e sono diventato uno scrittore. Qualcosa, quest’ultima, che non avrei mai immaginato prima, pubblicando due libri: ‘Crossroads, gli incroci del rock’ (2017) e ‘Jethro Tull 1968 – 1978’ (2018), che è stato anche esposto al prestigioso Salone del libro di Torino, dandomi molte soddisfazioni: tantissime persone, che lo hanno acquistato da ogni parte d’Italia, hanno voluto manifestarmi il loro apprezzamento, ringraziandomi per averlo scritto, dopo averlo letto anche tre volte! ‘Crossroads’ invece, a parte la sezione dedicata ai miei gruppi preferiti degli anni ’70, contiene anche un racconto relativo ai miei sette mesi in ospedale. E, in appendice, un mio racconto a fumetti sulla storia dei Led Zeppelin che avevo disegnato 30 anni fa (meglio tardi che mai). Sto anche preparando un libro di Storia, altra mia grande passione, e i capitoli che pubblico periodicamente su Facebook piacciono anche agli ‘addetti ai lavori’.  A parte la competenza riguardo ai temi dei quali tratto (in materia musicale o storica), mi viene riconosciuta anche la capacità di scrivere bene, in modo scorrevole ed avvincente. Qualcosa che non avrei scoperto, se non in questa mia ‘seconda vita’. Inutile dire che farei volentieri a meno di tutto questo pur di essere quello che ero prima, camminando, guidando, insegnando a scuola, mangiando senza dover pensare a pillole e punture ad ogni pasto. Anche le cose che prima erano scontate adesso non lo sono affatto, come farsi una bella doccia o poter incontrare ragazze. Per me è stata una conquista recente anche quella di potermi fare la barba da solo, come un tempo, con schiuma, rasoio ed acqua nel lavandino. E pure fare qualche giro in macchina nei paraggi. Questo per rendere l’idea. Non sono neanche più in grado di scrivere a mano e di parlare in modo fluente, ma riesco meglio, rispetto a qualche anno fa. Un paio di episodi poco fortunati hanno rallentato la mia ripresa, negli ultimi tempi, ma devo sempre ricordarmi che alcuni anni fa potevo essere spostato solo su scomode ambulanze, mentre ora ho una vita accettabile.

Riesco a camminare in casa, per quanto appoggiandomi a mobili e pareti, e ad uscire utilizzando spesso il deambulatore invece che la carrozzina, grazie ad un caro amico che passa a prendermi. Per colazione, pranzo e cena mi accomodo a tavola su una sedia normale. E’ strano, ma un tempo non sapevo come relazionarmi alle persone in sedia a rotelle: pensavo che, se avessi parlato con loro in modo naturale, avrebbero potuto immaginare che stessi fingendo. Viceversa, se mi fossi confrontato in modo ‘compassionevole’, o eccessivamente premuroso, le avrei fatte sentire a disagio. Mai avrei immaginato di finirci io, in carrozzina. Davanti la mia casa di Belpasso c’è sempre stato un posto macchina destinato ai disabili (il termine ‘diversamente abili’ non mi piaceva prima e non mi piace neanche adesso). Chi avrebbe mai pensato che avrebbe potuto riguardare me personalmente? Ero il ritratto della salute. Almeno in viso, oggi mi dicono che ho di nuovo l’aspetto di prima. Chiunque mi incontra in modo saltuario mi trova meglio rispetto alla volta precedente. Direi che conviene prenderli in parola! Prima del guaio di salute quasi non conoscevo le farmacie. Ci andavo solo per motivi legati al sonno (una pillola per dormire, i tappi per le orecchie). Adesso sono sommerso dai farmaci! Dovrei essere io a pensare ai miei, e invece è andato tutto alla rovescia. Ma pensare positivo è sempre salutare. Non ci riesco tutti i giorni (e ancor meno le notti), ma questo è il consiglio che mi sento di dare a tutti. La mente può fare grandi miracoli. Musica, Fede, cultura, sport, ognuno può (e deve) trovare la sua via. Inutile pensare a chi sta meglio. Sono in tanti a stare peggio, e che invidierebbero anche il sottoscritto. Prima non vedevo queste persone, ma adesso le ho viste. Il destino dà le sue carte. Oppure siamo noi a porne i presupposti. In entrambi i casi, bisogna andare avanti. Anche per chi ci vuole bene, e si prodiga tanto per noi. Senza troppa paura per il futuro, perché quello rimane un’incognita per chiunque. Prendere il meglio da ogni giorno. Non conosco altri segreti. Né credo che ne esistano, del resto.

Giuseppe Scaravilli 

2^ puntata. Fine