“C’è una vera emergenza. Bisogna impedire che la mafia possa usare l’antimafia” (Ansa). Lo ha detto l’ex presidente della Commissione nazionale antimafia Rosy Bindi – in visita oggi a Palermo – a proposito del “sistema Montante”.

Gentilissima presidente Bindi, siamo d’accordo con Lei, e però ci consenta di porLe una semplice domanda: perché – in nome di quell’Antimafia che Lei ha presieduto nella scorsa legislatura – non ha fatto alcun riferimento ai “buchi neri” sul caso Manca presenti nella relazione di maggioranza che Lei ha presentato alla fine del Suo mandato?

Perché quella relazione ha sposato “in toto” – dopo averle criticate – le tesi strampalate dei magistrati di Viterbo – città dove il medico è stato trovato morto il 12 febbraio 2004 – che senza lo straccio di una prova hanno condannato la vittima assolvendo un sacco di gente che sulla morte dell’urologo siciliano avrebbero potuto dire moltissimo?

Perché – in nome di quell’antimafia che non dovrebbe farsi usare dalla mafia – la Sua relazione tace le dichiarazioni di ben quattro pentiti fondamentali, e le intercettazioni ambientali di boss mafiosi e di familiari di boss mafiosi che dicono univocamente una cosa: Attilio Manca non è morto per un’overdose di eroina che si sarebbe praticato lui stesso (come affermano i magistrati laziali e come avete ripetuto Voi), ma è stato ucciso dai servizi segreti deviati su ordine della mafia di Barcellona Pozzo di Gotto (Messina), di cui l’urologo era originario, perché sarebbe stato coinvolto nell’operazione di cancro alla prostata alla quale il boss della Trattativa, Bernardo Provenzano, si era sottoposto a Marsiglia nell’autunno del 2003.

Perché nella Sua relazione, la presunta ”inoculazione volontaria” di eroina viene fatta passare per vera con una ricostruzione arbitraria e priva di un minimo riscontro probatorio?

Perché non avete approfondito le omissioni e le falsità contenute nel referto autoptico?

Perché per la stesura di un documento così offensivo nei confronti della verità – non ce ne voglia, Presidente, ma è quello che pensiamo dopo aver letto la Sua relazione – si è reso necessario ricorrere alle “larghe intese” fra centrodestra e centrosinistra, al punto da costringere la delegazione del Movimento 5 Stelle in Commissione antimafia a prendere le distanze attraverso la stesura di un testo di minoranza?

Perché sul caso Manca non ha cercato di dialogare con i familiari dell’urologo, e con il movimento di cittadini che da quattordici anni si batte per andare oltre alle menzogne di Stato?

Quando ha denunciato il pericolo che “la mafia possa usare l’antimafia” ha pensato per un attimo a quel povero ragazzo col volto sanguinante che sembrava l’immagine del Cristo in croce?

Attendiamo, speranzosi, delle risposte.

Con viva cordialità.

Luciano Mirone

Immagine d’apertura: l’ex presidente della Commissione nazionale antimafia, Rosy Bindi