Era il 26 ottobre del 2014 quando Veronica Valenti, una ragazza di Belpasso (Catania), veniva uccisa con sessanta coltellate sferrate con violenza dal suo ex ragazzo senegalese che non si rassegnava all’idea di dovere interrompere la loro relazione. Quattro anni dopo il padre di Veronica, Giuseppe, non si rassegna. E invece di chiudersi in un dolore muto e senza speranza (“Vivo con un perenne buco nello stomaco”) si impegna “affinché il fatto accaduto a mia figlia non si ripeta mai più”.

Giuseppe Valenti con alcune componenti dell’associazione Pro life, in compagnia di Vera Squatrito (madre di Giordana Distefano, altra vittima di femminicidio) e di Serafina Strano (la Guardia medica di Trecastagni violentata mentre operava all’interno della struttura) in occasione di una recente manifestazione sulle donne organizzata dal Club Progressista di Belpasso

Per questo oggi alle 18,30 presso l’aula consiliare del Comune di Belpasso, lui, assieme a sedici “donne straordinarie che hanno sposato questa causa” (come tiene a precisare), terrà a battesimo la neonata associazione “Pro life”, fondata “per dare a tutte le donne la possibilità di battersi contro la violenza di genere”.

Il presidente è proprio lui, Giuseppe Valenti, da quattro anni impegnato nelle scuole, nei convegni, nei dibattiti per parlare di “una vicenda terribile che ha cambiato la mia vita”. “Questa – dice Giuseppe – è una missione che porto avanti per Veronica e per tutte quelle povere anime che sono in cielo”.

“L’associazione Pro life – dice il papà di Veronica – è un centro d’ascolto per dare degli strumenti a chi non ne ha di fronteggiare certi problemi che oggi affliggono il mondo femminile, dallo stalking alla violenza. Sono felice e onorato di rappresentare questo gruppo di donne che ogni giorno, con grande sensibilità e professionalità, si impegna per questa causa. È un’associazione apolitica e senza scopo di lucro. Chi collabora con noi lo fa con il cuore. Molte lasciano le loro famiglie per dedicarsi a chi ha bisogno”.

Un uomo alla presidenza di un’associazione femminile. Un fatto molto bello che testimonia un’integrazione basata sui valori e sui progetti.

“Esattamente. Sono donne che si dedicano alla causa con spirito di volontariato e di ascolto davvero encomiabile. Ci vediamo quotidianamente per affrontare certe emergenze e devo dire che le socie lo fanno con entusiasmo e sempre col sorriso sulle labbra. Una cosa bellissima. Il mondo è bello anche per queste piccole cose”.

Quali attività porterete avanti?

“Un’attività di informazione su un argomento che potrebbe riguardare tutte. Di educazione anche. A cominciare dalle scuole, in modo che questa piaga, purtroppo sempre più grave, venga curata attraverso la cultura e l’ascolto”.

Che vuol dire passare da momenti terribili come quelli di quattro anni fa a momenti di speranza come questi?

“Vuol dire tantissimo: quello che è successo a Veronica e a tantissime donne non deve più accadere”.

Quando può servire il ricordo di Veronica e di tutte le donne vittima di femminicidio per indurre la società civile a impegnarsi contro questo triste fenomeno?

“Molto. È mia figlia a darmi la forza di impegnarmi ogni giorno per questa causa”.

Luciano Mirone