Lo ha sempre difeso, a costo di finire sotto processo e adesso potrebbe davvero comparire davanti al giudice e non come vittima, ma come imputata. La Procura di Messina ha inviato un avviso di conclusione indagini per falsa testimonianza e favoreggiamento a Ylenia Bonavera, la ragazza di 23 anni che l’ex fidanzato Alessio Mantineo cercò d’uccidere bruciandola l’8 gennaio 2017. La donna subito dopo l’episodio e poi anche durante il processo raccontò di non conoscere l’aggressore difendendo il suo ex fidanzato, poi condannato a dodici anni di carcere per tentato omicidio. Il 7 gennaio dell’anno scorso, l’uomo, dopo una lite, si presentò all’alba a casa della ex, le buttò addosso della benzina e le diede fuoco. La ragazza, incinta, rimase gravemente ustionata ai fianchi e alle gambe e si salvò solo per l’intervento tempestivo dei soccorsi.
La vittima non ha mai fatto un passo indietro, continuando a difendere Mantineo e negando che ad aggredirla fosse stato lui.
Ma contro il giovane gli indizi sono tanti. A cominciare dalle immagini delle videocamere di un distributore di carburante che, pochi minuti prima del tentato omicidio, lo riprendono mentre riempie una bottiglia con della benzina. Un indizio pesante che l’imputato ha cercato di giustificare sostenendo di essere andato alla stazione di servizio per far ripartire lo scooter rimasto a secco. Ylenia, però, l’ha sempre difeso. Almeno davanti agli inquirenti. Anche se subito dopo l’aggressione aveva raccontato ai familiari che l’aggressore era Alessio, una versione riferita anche alla vicina di casa che l’aveva soccorsa subito dopo il fatto e aveva chiamato il 118. Contro Alessio che, secondo il gip, sarebbe incapace di controllare i propri istinti criminali, si è invece schierata da subito la madre della vittima, Anna Giorgio. Le due donne, quando ancora Ylenia era ricoverata in ospedale, litigarono violentemente proprio per le accuse che la madre della ragazza aveva rivolto all’indagato. Tanto che dovette intervenire la polizia. A fianco al ragazzo è rimasta invece la sua famiglia che ha continuato a difenderlo nonostante le prove raccolte a suo carico. “E’ innocente, non ha mai fatto male a una mosca”, ha giurato il padre Natale. Anzi. Era “lui – ha raccontato – che tornava a casa pieno di lividi: quella notte ha dormito prima da mia nipote e poi da mia figlia”. Ylenia, dopo le dimissioni dall’ospedale, non è mai tornata a casa ed è stata mandata in una casa famiglia. Ha perso il bambino che aspettava proprio per le ferite riportate. “Se la donna serva, in certe fasce, è retaggio del passato – osserva il Gup nella sentenza di condanna per il tentato omicidio – ora nei giovani il dominio è fonte di piacere e vanto. Il risultato non cambia. Non cambia neanche dal punto di vista femminile, a fronte di donne uccise, come in una carneficina, e di donne che lottano per una reale emancipazione, si trovano casi in cui violenza e sadismo vengono apprezzati, per cui essere data a fuoco può essere una prova d’amore moderna”.

Ansa