I dati certi: stravincono i partiti anti sistema (M5S e Lega) e straperdono i partiti del sistema (Forza Italia e Pd), vengono ridimensionati Silvio Berlusconi e Matteo Renzi, si allontana l’ipotesi di “larghe intese” tra centrodestra e Pd. Perché, se è vero che la politica non è una scienza esatta, è anche vero che non puoi fare una legge su misura per te, che può ritorcersi contro chi la fa e ti lascia tramortito, come sta succedendo al leader del Pd, che prima annuncia le dimissioni e poi le smentisce attraverso il suo portavoce. Su Berlusconi non giungono notizie, segno che potrebbe non riprendersi facilmente. Le conseguenze – almeno per quanto riguarda il Pd – sono sotto gli occhi di tutti: pensiamo all’alleanza suicida, negli ultimi decenni, alla regione siciliana fra il Pd e gente come Cuffaro e Lombardo; alla presidenza del governo isolano (quello di Crocetta, che poteva rappresentare il riscatto dell’intero centrosinistra e invece ne ha rappresentato la fine); all’elezione alla presidenza dell’Assemblea regionale – dopo le regionali di novembre – del coordinatore forzista Gianfranco Miccichè con i voti determinanti di alcuni esponenti Dem; a una selezione della classe dirigente sconsiderata e basata sul clientelismo e non sul merito; alla legge elettorale targata Pd e Fiorza Italia che già dimostra i suoi limiti per il rischio di ingovernabilità o di governabilità a tempo (pochi mesi e poi di nuovo al voto).

Luigi Di Maio, leader del M5S. Sopra: Matteo Salvini, leader della Lega

I dati incerti: chi governerà? 1) Difficilmente Lega e M5S convergeranno, almeno stando alle dichiarazioni fatte da Matteo Salvini che esclude un’intesa del genere; più facile – stando a quello che ha detto Di Maio – che il Movimento fondato da Beppe Grillo tenti un dialogo con Pd e LeU (o magari con delle parti di esso) attraverso l’offerta di una delle due presidenze delle Camere. 2) Chi sarà il leader del centrodestra, dato che il vero vincitore è Salvini che ha portato la Lega dal 4 al 18 per cento? Berlusconi farà il gregario? Oppure si troverà una “terza via” forse identificabile nel presidente dell’Unione europea Antonio Tajani? 3) Che linea si darà il centrosinistra? Renzi si dimetterà? Pd e Leu torneranno insieme?

Sono nodi che si scioglieranno nelle prossime ore, ma che rischiano di riemergere presto, sia per questa pessima legge elettorale, sia per la totale incapacità dei partiti di formare una buona classe dirigente. Abbiamo detto “i partiti”, non il M5S, che è un movimento, ha logiche e una credibilità totalmente diverse: basta fare l’esempio dello stipendio dei parlamentari, dirottato dai 5S in gran parte alle piccole e medie imprese.

Ecco perché la “politica tradizionale” – se non corre urgentemente ai ripari facendo una seria autocritica – rischia di estinguersi a vantaggio del movimento di Di Maio. Che forse non andrà al governo oggi, ma che – se nei partiti non succederà qualcosa di serio – ci andrà domani. E ci resterà a lungo.

Luciano Mirone