“Le rivelazioni del nuovo pentito di mafia Nino Prezzavento smentiscono tutti quelli che sostenevano che a Belpasso la mafia non esiste. La mafia, in questo centro in provincia di Catania, esiste, eccome. Le dichiarazioni di questo collaboratore lo confermano in pieno”.

Salvo Fiore è il presidente dell’associazione Antimafia e Legalità. Con le sue coraggiose denunce ha permesso, negli anni scorsi, di fare arrestare oltre trenta persone dedite all’usura e alle estorsioni.

L’imprenditore belpassese Salvo Fiore. Sopra: Nino Prezzavento (foto Live Sicilia)

Fiore, in questi giorni il quotidiano online LiveSicilia ha dato la notizia di questo pentito di Belpasso – il carrozziere Nino Prezzavento – che starebbe facendo delle importanti rivelazioni ai magistrati. In pratica Prezzavento sta smentendo certa opinione pubblica portata a dire che dopo l’arresto di Giuseppe Pulvirenti, detto il “Malpassoto”, avvenuto negli anni Novanta, la mafia a Belpasso ha tirato i remi in barca.

“Alcune persone dicono che a Belpasso la mafia non esiste, fatto sta che questo nuovo collaboratore di giustizia sta facendo parecchi nomi, sia di Belpasso che di fuori”.

Alcuni soggetti in passato li aveva denunciati anche lei.

“Nel 2009 denunciai tale Salvatore Gullotta che, secondo Prezzavento, sarebbe il referente del clan dei ‘Carcagnusi’ di Catania. Denunciai Gullotta perché era stato incaricato da una persona del capoluogo che operava nel settore dell’usura e dell’estorsione di fare un recupero crediti nei miei confronti. Sia Gullotta che Schillaci (detto “Mattiddina”, di Piano Tavola) vennero a cercarmi per recuperare questi soldi. Io li segnalai alla Polizia”.

Prezzavento cita anche altri.

“Ha fatto il nome di Salvatore Sambataro, che ho denunciato lo scorso anno per minacce: ogni volta che mi vedeva per strada mi aggrediva verbalmente perché mi ero permesso di fare arrestare i suoi amici”.

Perché è importante quello che dice questo pentito?

“Perché sta rivelando gli organigrammi mafiosi che hanno operato dal ’90 al 2015: le sue dichiarazioni coprono un arco di tempo in cui, dopo l’arresto del Malpassoto, altri uomini della sua cosca o di altre cosche operavano a Belpasso”.

Il boss Aldo Carmelo Navarria

Prezzavento ha raccontato i retroscena dell’omicidio dell’imprenditore paternese Fortunato Caponnetto (detto Renato), avvenuto nelle campagne di Belpasso l’8 aprile 2015. Un delitto terribile di cui è stato autore l’ex braccio destro del Malpassoto, Aldo Navarria: l’uomo, dopo essere stato picchiato e strangolato, è stato bruciato nei copertoni quando ormai era cadavere (secondo il modus operandi usato dal clan di Belpasso negli anni Novanta).

“Navarria era stato condannato all’ergastolo con l’accusa di avere commesso sei omicidi. Successivamente la pena gli era stata ridotta a 26 anni (errore molto grave da parte dello Stato: stiamo parlando di sei omicidi di cui Navarria, fino a quel momento, non si era pentito). Quando l’ex braccio destro di Pulvirenti è uscito dal carcere ha fatto l’inferno, poiché pensava di vendicarsi dei suoi nemici. Solo che era convinto di essersi fermato agli anni Ottanta, quando la mafia era praticamente impunita. Ha cominciato a fare omicidi, sequestri di persona, estorsioni, traffico di droga, come se nulla fosse. A un certo punto me lo sono trovato davanti”.

In che senso?

“Nell’agosto 2014 mi arriva una missiva anonima in cui mi vengono chiesti 100mila Euro. Porto la lettera in questura, assieme alle telecamere che avevano ripreso la scena del ‘postino’ che imbuca la busta. La sera scendo dall’ufficio per andare al bar e mi trovo all’angolo della piazza tre persone (arrestate l’anno successivo) che guardavano verso di me. Fra queste c’era Aldo Navarria. Era un segnale”.

Prezzavento sta facendo i nomi di alcuni politici. Dice che nell’hinterland ci sono stati amministratori “a disposizione” soprattutto nel settore dei rifiuti.

“Aspettiamo le indagini della Procura. Potrebbero venir fuori delle cose interessanti”.

Secondo lei a Belpasso c’è ancora gente che paga il “pizzo”?

“Prezzavento sta facendo i nomi di imprenditori della zona che pagano regolarmente”.

Quando finirà tutto questo?

“Fin quando la gente non si ribellerà, temo che non finirà mai. Bisogna lottare per far cambiare questa mentalità balorda”.

Luciano Mirone