Brutti segnali provengono da Palermo in merito alla selvaggia aggressione subita dal responsabile di Forza Nuova, Massimiliano Ursino. Ieri sera – quando abbiamo appreso la notizia dall’Ansa – non abbiamo esitato a pubblicarla, a prescindere dalle ideologie della vittima, perché un pestaggio come quello, oltre a dover essere evidenziato dalla cronaca, deve essere umanamente condannato, “senza se e senza ma”, a prescindere dalla cultura razzista che propugna la vittima e il suo movimento.

Ma il segnale allarmante proveniente da Palermo – e ieri sera da Perugia, dove un rappresentante di Potere al popolo è stato accoltellato mentre affiggeva i manifesti, e prima da Macerata e da tante altre città italiane dove ormai le aggressioni non si contano più – riguarda il rischio di una pericolosa contrapposizione razzismo-antirazzismo, fascismo-antifascismo, rossi-neri che sta crescendo nel nostro Paese, con il contributo di certa politica e di certa stampa, che soffiano sul fuoco delle paure, delle intolleranze, degli odi, dei capri espiatori assurti ad alibi per coprire i nostri fallimenti.

Un corteo di Forza nuova. Sopra: una manifestazione fascista in Italia

 

Perché vedete, fino a quando apprendiamo che il dirigente palermitano di Fn viene malmenato in quel modo vergognoso, condanniamo con forza il gesto sperando che chi lo ha commesso venga assicurato alla giustizia e subisca la giusta pena. Ma quando veniamo a sapere che lo stesso Ursino, due anni fa, è stato arrestato in quanto, assieme ad altri due camerati, ha picchiato selvaggiamente e derubato degli extracomunitari, cominciamo ad aver paura che tutto possa degenerare in una violenza collettiva e senza fine, con l’aggravante che l’opinione pubblica perda di vista chi sono gli aggressori e chi gli aggrediti. A Palermo quelli che hanno picchiato il dirigente di Fn sono esattamente come lui, violenti, fascisti, razzisti e stupidi, perché hanno innescato un  pericolosissimo processo di omologazione ideologica che può portare l’uomo della strada a dire: “Sono tutti uguali”.

Gli anni Settanta non hanno insegnato che alla violenza non si risponde con la violenza. Se vi sentite aggrediti organizzate un convegno, fate un comizio, presentate una querela, stampate dei manifesti, fate tutto purché sia democratico e civile, ma non aggredite nessuno, perché fate danno.

La questione è molto delicata ed investe tutti, a cominciare dalla televisione che da anni ha sdoganato le aggressioni verbali di certi pseudo intellettuali che un giorno insultano l’antimafia, un  giorno emergency (vedi le recenti frasi irripetibili pronunciate da Sgarbi contro la figlia di Gino Strada), un giorno magistrati come Nino Di Matteo che rischiano la vita contro Cosa nostra.

Massimo Ursino, il dirigente palermitano di Forza nuova selvaggiamente aggredito ieri

I fascismi non nascono mai per caso. Ci sono sempre tanti rivoli che portano acqua al fiume dell’intolleranza e del razzismo, tante cause che determinano la nascita di un’ideologia impazzita, ma una sola “mente” a “imbinariare” politicamente le energie perverse che scorrono nel ventre di una Nazione.

L’avvento di Mussolini non arrivò per caso: la crisi economica, l’accidia della classe dirigente prefascista, la frammentazione delle forze democratiche, l’avversione verso il “diverso” (in quel caso gli antifascisti, gli ebrei, gli omosessuali, gli zingari) furono elementi che contribuirono in modo determinante alla presa del potere. Ma se certi intellettuali, se certo capitalismo, non si fossero prestati a quel disegno, se non avessero partecipato ad un plagio di massa così imponente e capillare, per Mussolini tutto sarebbe stato più difficile.

Ecco perché il problema del razzismo e dell’intolleranza, oggi, riguarda noi tutti. Forse è vero – come scrisse un grande sacerdote come Ernesto Balducci – che l’uomo è razzista “in rerum natura”, ma è anche vero che la cultura – la cultura vera – della solidarietà, dei diritti umani, della libertà, dell’accoglienza, della pace, può fare da argine agli istinti più bestiali dell’uomo, fino a non essere più un argine, ma un ponte, un abbraccio, una stretta di mano, un sorriso.

Luciano Mirone