“L’arresto di Riina fu frutto di un compromesso vergognoso che certamente era noto ad alcuni ufficiali del Ros come Mori e de Donno, fu frutto di un progetto tenuto nascosto a quegli esponenti delle istituzioni e quei magistrati che credevano invece nella fermezza dell’azione dello Stato contro Cosa nostra”. La cattura del boss corleonese Totò Riina come snodo della seconda fase della trattativa tra parte delle istituzioni e la mafia è al centro dell’udienza del processo sulla trattativa Stato-mafia, dedicata alla prosecuzione della requisitoria. A ripercorrere l’arresto del padrino, finito in manette nel 1993, è il pm Vittorio Teresi certo che Riina venne “consegnato” ai carabinieri dall’ala di Cosa nostra vicina a Bernardo Provenzano. Riina, con cui i militari del Ros imputati al processo avevano intavolato un dialogo finalizzato a far cessare le stragi, era ritenuto un “interlocutore” troppo intransigente. Perciò gli si sarebbe preferito Provenzano.

Nella foto: Totò Riina

Ansa