Erano cittadini come tanti. Madri, padri, studenti, contadini, professionisti e anche bambini. Erano duecento e nel novembre del 2015 hanno bloccato il traffico ferroviario alla stazione di San Pietro Vernotico, in provincia di Brindisi, per opporsi all’abbattimento degli ulivi millenari del Salento. Lo hanno fatto mettendosi davanti alle ruspe, dormendo vicino alle loro piante, abbracciandole come si fa con un amico o con un fratello.
Quarantasei di questi sono stati identificati e denunciati dalla digos. L’accusa? Aver omesso di avvisare le autorità competenti che quel giorno si sarebbe tenuta la manifestazione, “cagionando un danno ai passeggeri e alle Ferrovie dello Stato, oltre che una interruzione di pubblico servizio”.
Il prossimo 6 novembre saranno processati dal Tribunale di Brindisi e non sappiamo come finirà. Due cose però le sappiamo : che con la testa rispetteremo il verdetto (qualunque esso sia), ma con il cuore continueremo a stare dalla parte di questa gente.
Ecco perché fra le oltre cinquemila persone – fra cui quelle di Paolo Maddalena, Salvatore Borsellino, Erri De Luca e tante altre prestigiose personalità – che hanno sottoscritto la petizione di solidarietà, c’è anche quella modesta di chi scrive questo articolo.
Perché la battaglia che si fa oggi in Puglia per evitare che quei magnifici ulivi monumentali vengano abbattuti è la stessa dei contadini siciliani di tanti anni fa che si fecero trucidare per difendere le loro terre. Allora era la mafia degli agrari a volere scippare il futuro a quella povera gente. Oggi – da quanto emerge dalle carte della magistratura di Lecce – sarebbe l’interesse economico a portare all’abbattimento di centinaia di ulivi col pretesto di una malattia (la xylella) che – in base al piano del commissario Silletti voluto dal governo Renzi – sarebbe alla base dell’appassimento di molte piante.
Peccato che su questa tesi, sempre secondo l’inchiesta giudiziaria di Lecce, non esistano prove certe, se non le analisi dell’Università di Bari e del Cnr (ritenute dai magistrati leccesi non così obiettive) mai comparate con i test di altri Atenei, soprattutto stranieri.
Sia ieri che oggi – come si vede – il danaro è il comune denominatore delle lotte contadine, con l’aggravante che una battaglia come quella della Xylella si intreccia con gli affari colossali e mafiosi del gasdotto Tap che, partendo dall’Azerbaigian, ha interessi a Malta e in Italia. Anche in questo caso si prevede l’abbattimento di centinaia di ulivi monumentali nella bellissima piana del Salento. E sono guarda caso gli stessi interessi scoperti dalla giornalista maltese Daphne Caruana Galizia (uccisa con un’autobomba lo scorso 16 ottobre) che con le sue inchieste aveva fatto nomi e cognomi dei politici coinvolti.
Siamo certi che non ci sia alcuna connessione fra la questione Xylella e la Tap, ma – ripetiamo – sia nell’uno che nell’altro caso vediamo troppi soldi: nel primo quelli del tutto leciti provenienti dall’Europa, qualora si dovesse procedere all’estirpazione degli ulivi e alla loro sostituzione con piante che mai potranno ricostituire il paesaggio che da secoli caratterizza il patrimonio storico, culturale e monumentale del Salento; nel secondo illeciti provenienti dai Paesi indicati dalla Caruana Galizia nei suoi reportage.
Ecco perché la lotta del popolo pugliese – compresi soprattutto quei quarantasei manifestanti che il 6 novembre saranno processati – è una lotta di civiltà che va sostenuta “senza se e senza ma”. Da tutti.
Luciano Mirone
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