Chi ha dato l’ordine di uccidere la giornalista maltese Daphne Caruana Galizia? È trascorso un mese da quel terribile pomeriggio del 16 ottobre e le voci che ci arrivano dall’Isola non sembrano affatto rassicuranti. Il premier maltese Joseph Muscat – accusato dalla stessa cronista di essere sceso a patti con affaristi e mafiosi sugli ingenti traffici che vedono Malta come punto di transito di tutto il Mediterraneo – aveva addirittura istituito una taglia da un milione di dollari per chi fornisce notizie utili sugli autori dell’attentato che ha fatto a pezzi la cronista mentre con la sua auto imbottita di tritolo percorreva una stradina dell’Isola.

L’auto carbonizzata della giornalista Daphne Caruana Galizia dopo l’attentato

Molti dicono che quella taglia è un pretesto, un alibi, per sviare le accuse che negli ultimi trenta giorni si sono concentrate sul capo del governo, su cui, dopo il 16 ottobre, ha puntato il dito anche il figlio della cronista: “Le mani di Muscat grondano del sangue di mia madre”.

“Una delle prime cose che il premier avrebbe dovuto fare era la destituzione del capo della polizia Lawrence Cutajar”, dicono alcuni commentatori maltesi, “che andava rimosso da tempo. Invece Cutajar è rimasto tranquillamente al suo posto e Muscat lo ha pure difeso dalle accuse che gli sono piovute addosso, così come ha lasciato al loro posto tutti i personaggi-chiave delle inchieste che avrebbero dovuto far luce sugli altri cinque attentati con autobomba che hanno insanguinato l’Isola negli ultimi tre anni, e sugli scandali che hanno posto Malta sotto i riflettori dell’opinione pubblica mondiale per le implicazioni di alto livello che si portano dietro”.

Così come non si sa nulla delle indagini della Polizia Europea sulla morte di Caruana Galizia, che pure erano state promesse dal presidente del parlamento europeo Antonio Tajani, “nel quadro di un’inchiesta internazionale dove tutte le forze di polizia possano portare il loro contributo per far condannare i colpevoli”, specie se ci si chiede “con quale credibilità – sono parole che Tajani ha pronunciato pochi giorni dopo l’attentato – potremmo continuare a difendere i giornalisti nel mondo se non riusciamo a dare loro protezione e giustizia a casa nostra?”.

Daphne Caruana Galizia

La Caruana Galizia, come si ricorderà, aveva denunciato gli intrecci affaristico-mafiosi che intercorrono tra Malta, il governo dell’Azerbaijan e l’Italia nella costruzione del gasdotto Tap (che collegherà l’Italia e la Grecia passando per l’Albania, e consentendo l’afflusso di gas naturale proveniente dal Medio Oriente, dal Caucaso e dall’area del Mar Caspio) col suo giro di appalti e profitti miliardari che stanno portando centinaia di cittadini pugliesi a scendere in piazza per lo scempio ambientale che si sta perpetrando nel Salento attraverso l’espianto di molti ulivi millenari nell’area di passaggio del gasdotto.

Ma le denunce della giornalista non si fermano qui. Daphne aveva sollevato il coperchio sui paradisi fiscali (il cosiddetto scandalo dei Panama Papers, che ultimamente si sta allargando a macchia d’olio nelle altissime sfere della politica mondiale) che, secondo quanto aveva scritto lei stessa, vedono il coinvolgimento della moglie dello stesso Muscat.

La giornalista col figlio

Per non parlare del colossale commercio di petrolio rubato in Libia dalla mafia catanese della Famiglia Santapaola-Ercolano, e servito, secondo il procuratore di Catania, Carmelo Zuccaro, addirittura a finanziare l’Isis.

Per descrivere il clima che si respira all’interno della polizia maltese basta ricordare l’orribile post pubblicato su facebook due giorni dopo l’assassinio di Daphne dal sergente di polizia Ramon Mifsud, uno degli uomini che avrebbero dovuto indagare su quell’attentato: “Alla fine tutti hanno quello che si meritano, sono contento”. Con tanto di faccina sorridente.

Il premier maltese Joseph Muscat

È passato un mese da quando il terribile boato ha fatto a pezzi questa coraggiosa giornalista e squassato un sonnecchioso pomeriggio maltese di metà ottobre. Eppure sembra che sia trascorso un secolo, non solo perché Malta – pur essendo divisa dalla Sicilia da un tratto di mare di circa ottanta chilometri – è uno Stato straniero dove non si parla l’italiano (la lingua ufficiale è l’inglese), ma perché nel frattempo non risulta sia stato fatto nulla per scoprire assassini e mandanti.

L’unica novità è che oggi a La Valletta, capitale dell’Isola, ci sarà una veglia per ricordare Daphne a trenta giorni dalla morte. Un film che in Sicilia è stato visto troppe volte quando la mafia ha ammazzato un giornalista. Un film dell’orrore che periodicamente viene girato negli Stati più corrotti del mondo.

Qui Malta, la situazione è sotto controllo.

Luciano Mirone