Malta ha perso la sua innocenza e non l’avevamo capito. Che si fosse arrivati a un alto livello di corruzione dalle diramazioni transnazionali, che investiva le alte sfere della politica, si percepiva da tempo. Le vicende del gasdotto Tap (che vedono coinvolto anche il nostro Paese e che la Puglia non vuole per la devastante eradicazione di centinaia di ulivi millenari), i legami di affari con l’Azerbaigian, i paradisi fiscali, il riciclaggio di danaro sporco, le nefandezze della criminalità organizzata, il traffico di droga, la tratta degli esseri umani, erano fatti noti.

Ma nessuno immaginava la violenza con la quale due giorni fa è stata fatta a pezzi la vita di una delle giornaliste più brave e più coraggiose del mondo nel raccontare i misfatti maltesi, Daphne Caruana Galizia, che in quell’isola di quattrocentocinquantamila abitanti ci viveva da sempre e di quell’isola raccontava gli inconfessabili segreti tramite il suo blog o i resoconti degli inviati speciali che quando arrivavano a Malta andavano subito da lei perché in lei vedevano un formidabile punto di riferimento.

I ceri accesi in onore di Daphne Caruana Galizia. Sopra: una recente foto della giornalista

Nessuno immaginava la dirompenza con la quale si è deciso di porre fine a una vita interamente impegnata contro la corruzione e le mafie: un’auto imbottita di tritolo e un’esplosione in mezzo alla campagna in un pomeriggio tiepido di ottobre. Il botto. E basta. Senza neanche un piano di depistaggio studiato a tavolino come si è sempre fatto in Sicilia – appena ottanta chilometri da qui – dove la mafia ha deciso di uccidere ben otto giornalisti: l’omicidio camuffato da suicidio, la matrice passionale, il calibro “basso” della pistola, eccetera eccetera eccetera. Niente di tutto questo.

A Malta si è eseguito l’attentato eclatante affinché il mondo – magari quello legato a Daphne – sentisse, vedesse e smettesse di parlare. Un monito. Chi tocca i fili muore. Un attentato globalizzante. Sì, perché le inchieste della Caruana Galizia avevano Malta come epicentro, ma toccavano altre Nazioni. Subito dopo l’esplosione si è detto che mandanti ed esecutori possono anche venire da lontano. Non lo sappiamo. Ma è sicuro che l’intreccio di certe trame vede Malta come punto di snodo. E il danaro. A fiumi. Basterebbe seguirne le tracce – come diceva Giovanni Falcone – per arrivare lontano, e partire dalle inchieste di Daphne per capire. O al limite da quella denuncia presentata quindici giorni prima, nella quale la giornalista diceva espressamente, ma invano, di essere minacciata. Ecco, si potrebbe partire da qui, magari per comprendere perché (e soprattutto da chi) una cronista seria e documentata come lei è rimasta inascoltata.

Malta. Panorama de la Valletta

Se dopo tutte queste scelleratezze, la polizia ignora la denuncia di una reporter così esposta, evidentemente il contesto è quello che lei stessa, nel suo ultimo grido di dolore, aveva descritto: “Qui ci sono criminali ovunque si guardi adesso, la situazione è disperata”.

Un contesto terribile. E l’atteggiamento di un poliziotto che dovrebbe indagare sulla morte di Daphne e invece su fb scrive frasi orribili come queste ne sono la riprova: “Alla fine tutti hanno quello che si meritano, sono contento”. Con tanto di faccina sorridente. Questa frase l’ha composta il sergente della polizia maltese Ramon Mifsud, uno degli uomini che dovrebbero indagare sull’attentato contro Daphne Caruana Galizia.

Sì, Malta ha perso la sua innocenza e non ce ne siamo accorti, presi dalla vita notturna di Saint Julian, dalla magnificenza delle chiese de La Valletta, dal bellissimo paesaggio della capitale scelto, non a caso, come location dai produttori di Hollywood per alcuni kolossal; dai meravigliosi dipinti del Caravaggio, che per un periodo si rifugiò in quest’isola, dal barocco dorato di Gozo e dai colori cangianti del mare.

Malta è non più l’isola che i greci avevano definito “dolce” per la straordinaria produzione di miele. Oggi c’è il puzzo amaro del tritolo e della corruzione.

Luciano Mirone