Chi l’ha detto che l’esito delle elezioni siciliane del 5 novembre sia così scontato? Se è vero che fino a un paio di settimane fa veniva dato per stravincente Musumeci del centrodestra rispetto a Cancelleri del M5S, oggi il clima non appare così certo, almeno secondo noi, a prescindere dai sondaggi effettuati fino a pochi giorni fa.

Sarà un’impressione, ma – parlando in giro con la gente di varia estrazione sociale – avvertiamo che la situazione non sembra come prima. Perché?

1)      Le potenzialità di consensi di cui dispone Musumeci e il centrodestra pare che si siano fermate. E probabilmente neanche i comizi di Berlusconi previsti per la fine di ottobre serviranno a spostare granché, così come i comizi dei leader della coalizione opposta, percepiti tutti come esponenti di una politica logora, inciucista e ingiusta.

2)      Non c’è dubbio che a Musumeci – visto unanimemente da destra e da sinistra come una persona perbene – la sortita del candidato di Forza Italia, Riccardo Pellegrino (fratello di un personaggio ritenuto dai magistrati organico alle cosche etnee) che in un comizio svoltosi a Catania ha inneggiato al figlio di un boss, non ha fatto bene. Specie presso quell’elettorato di centrodestra che, pur credendo sia in Musumeci, sia nella questione morale, comincia a nutrire dei dubbi su certi compagni di viaggio del loro candidato. La frase pronunciata pubblicamente dallo stesso Pellegrino (“Musumeci comanda a casa sua, non in Forza Italia”) potrebbe erodere ulteriori consensi all’aspirante governatore, poiché potrebbe portare un certo tipo di elettorato a credere che alle sue spalle i partiti che lo sostengono – soprattutto Forza Italia – possono fare e disfare ciò che vogliono, in quanto legittimati dai vertici della coalizione (“il commissario di Forza Italia in Sicilia, Gianfranco Miccichè, mi ha sostenuto tanto”, ha detto sempre Pellegrino facendo intendere di essere protetto dall’ex ministro, a sua volta è uomo di Berlusconi). A questo bisogna aggiungere l’arresto, con ben ventidue capi di imputazione, del sindaco di Priolo (candidato sempre col centrodestra), cui si aggiunge il lungo elenco di altri partecipanti alle elezioni che, a vario titolo, hanno problemi con la giustizia. A poco – a nostro avviso – valgono le frasi di Musumeci del tipo “Avevo ragione io a dire di presentare liste pulite”, o il sostegno di qualche familiare di vittima di mafia enfatizzato sul maggiore (anzi unico) quotidiano di Catania. Musumeci dovrebbe fare una sola cosa: prendere le distanze pubblicamente dagli esponenti della sua coalizione più chiacchierati. Può farlo senza rischiare la frantumazione del centrodestra? Siamo sicuri che le stesse domande non se le ponga quel tipo di elettorato di centrodestra che ritiene l’etica un valore da applicare assolutamente alla politica? Siamo sicuri che questo tipo di elettorato non si porrà un’ultima domanda: se Nello dovesse diventare presidente, con una situazione di questo genere, rischierebbe la paralisi? Non lo sappiamo. Ma intanto in giro non registriamo per Musumeci la stessa euforia di qualche tempo fa. A chi andranno i voti di quella tipologia di elettorato che, pur credendo nella questione morale e in Musumeci, non voterebbe mai centrosinistra?

4)      Qui entra in gioco il Movimento 5 Stelle, che fino a una decina di giorni fa abbiamo visto alquanto defilato – in una Sicilia inondata di mega cartelloni dei candidati delle altre coalizioni – tanto che noi stessi siamo stati assaliti da un dubbio: ma questi le elezioni le vogliono vincere o preferiscono stare all’opposizione? Da alcuni giorni però cogliamo un cambio di strategia: una campagna elettorale corale fatta di gazebo e di incontri con la gente nei luoghi più disparati: nei mercati rionali, nelle sagre, nelle feste. Sia nelle maggiori città dell’Isola, sia nei piccoli centri. Ma anche una diffusione abbastanza capillare (soprattutto nelle buche delle lettere) del materiale propagandistico accompagnato da qualche manifesto affisso solo negli appositi spazi, a volte addirittura coperto dai manifesti di altri candidati: su questo c’è stata una dura polemica a Belpasso (Catania) dove i due candidati locali del centrodestra – si vede dalle foto pubblicate su fb – hanno occupato “manu militari” gli stalli a disposizione. E forse, paradossalmente, anche questo può fare la differenza.

5)      Ma la vera differenza può farla Beppe Grillo che, secondo le previsioni, scenderà in Sicilia alla fine di ottobre. Alla fine dello spoglio vedremo quanto sarà capace di spostare il fondatore del M5S e quanto saranno capaci di spostare gli altri leader nazionali per i loro candidati. A quel punto la differenza non sarà costituita solo dalla fluttuazione di quella piccola porzione di elettorato che dal centrodestra o dal centrosinistra si sposterà verso il M5S. A quel punto la vera differenza la faranno i delusi, gli indecisi, gli scazzati, che solo all’ultimo momento decideranno se andare a votare e per chi. In Sicilia è un esercito. È il partito più forte. Oltre il 50 per cento di elettori.

Luciano Mirone