Robert Cremona è un giornalista dell’emittente televisiva di Malta Net Tv. Dal 16 ottobre segue coraggiosamente il caso della giornalista Daphne Caruana Galizia, assassinata con una carica di tritolo piazzata nella sua auto mentre percorreva una strada dell’isola. Quando – attraverso i social network – Robert ha saputo che nella dirimpettaia Sicilia cittadini, associazioni e giornali hanno organizzato una protesta pacifica davanti al Consolato di Malta, si è precipitato a Catania per capire. “E’ un evento molto importante per noi”, dice. “Ci sono state manifestazioni a Londra e a Bruxelles, ma questa è la prima che si svolge in Italia”.
Robert vuol comprendere cosa succede in quel puntino nero che annega nella carta geografica del mondo, fra Europa e Africa, situato sotto il vulcano più alto del Vecchio Continente, distante dalla sua isola qualche centinaio di chilometri, e che è stampato dentro un grosso triangolo, dove di giornalisti, dal 1960 ad oggi, ne sono stati ammazzati otto, con un nono che si è suicidato, ma che possiamo considerare un’altra vittima di mafia.
E’ una calda giornata di fine ottobre: da quella dirompente esplosione che ha squassato la quotidianità dell’isola dolce – come anticamente la definivano i greci – sono trascorsi appena cinque giorni. Da quel momento, Malta, per noi che non abbiamo seguito direttamente certe dinamiche, non è più la stessa. È come se tutt’a un tratto l’Isola dolce avesse perso la sua innocenza. Che ingenui che siamo. Malta la sua innocenza l’ha persa da un po’: “Prima di Daphne altre cinque persone erano state fatte a pezzi con l’autobomba”. Una situazione agghiacciante, come l’intervista che in pochi minuti questo giovane e simpatico cronista rilascia a L’Informazione, uno dei pochissimi giornali presenti al presidio.
Davanti al Consolato maltese c’è un bel drappello di persone, ognuna con la foto della giornalista uccisa. C’è Daphne, Valeria, Serena, Alfio, Enzo, Liborio, Salvatore, Alessio, Giancarlo, Mario, Ida,Giorgio, diverse altre persone venute dai paesi. C’è Alfia – presidente della fondazione La città invisibile – che dà in custodia al portiere del palazzo la lettera che lunedì dovrà essere consegnata al console maltese, il quale, a sua volta, la recapiterà al premier del suo Paese Joseph Muscat, l’accusato principale della Caruana Galizia in merito alla corruzione che da alcuni anni corrode i palazzi dell’isola e trova la sua confluenza in Italia, in Azerbaigian, in Libia e in altri Stati: per il gasdotto Tap che prevede l’abbattimento di centinaia di ulivi secolari del Salento, e poi – è notizia degli ultimi giorni – per un colossale commercio di petrolio rubato in Tripolitania dalla mafia catanese della Famiglia Santapaola-Ercolano, e servito, secondo il procuratore di Catania, Carmelo Zuccaro, per finanziare l’Isis.
Robert, da quanto tempo esiste la criminalità a Malta?
“I fenomeni di maggiore recrudescenza si sono sviluppati negli ultimi due, tre anni: come ha svelato Caruana Galizia, ha stretti legami con il governo maltese e il governo dell’Azerbaigian. I maggiori dubbi sono affiorati dopo lo scandalo dei Panama Papers”.
Come si avverte la presenza della criminalità nell’Isola?
“Ci sono tanti dubbi sulla Polizia, precisamente sul commissario della Polizia. Non c’è sicurezza su tutto, specie ora che fanno gli attentati addirittura con le autobombe. Una situazione gravissima”.
Poc’anzi abbiamo parlato con un signore maltese presente a questa manifestazione, il quale ci ha detto che il caso di Daphne non è l’unico.
“Ci sono state sei autobombe negli ultimi due anni, inclusa quella della Caruana Galizia. Non hanno preso neanche un colpevole. Il problema è la Polizia”.
E la politica?
“Va beh, la politica è il problema, lo davo per implicito. Diciamo che le istituzioni principali sono un problema: politica, magistratura, polizia”.
Il figlio della giornalista uccisa ha detto che il premier Muscat ha riempito di gente corrotta le istituzioni.
“Ha detto che Muscat ha le mani grondanti del sangue di sua madre. Una dichiarazione scioccante”.
Le altre cinque autobombe a chi sono state destinate?
“A gente della criminalità molto rinomata a Malta. Con l’assassinio della Galizia si è alzato il livello: per l’opposizione è un delitto politico perché Daphne denunciava i politici. Lei scriveva contro quelli di governo e di opposizione, non aveva limiti, anticipava tutti nel rivelare gli scandali”.
Qual è il sentimento che attualmente si vive nelle vostre redazioni?
“Di grande indignazione. Tutti vogliono conoscere la verità”.
Avete paura?
“Non ho mai pensato a questo. Faccio il mio lavoro e basta”.
A Malta esiste una classe dirigente alternativa?
“Sì. Ci sono dei politici onesti, che vogliono fare le cose in modo giusto, specialmente per rinnovare la Polizia. Ma di questo il premier maltese non vuol sentire parlare”.
Luciano Mirone
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