Se volete capire il divario fra Nord e Sud, cosa è il sottosviluppo, perché il Mezzogiorno non riesce a decollare e perché molti politici che operano nel suo ambito non sempre sono all’altezza della situazione, dovete leggere un paio di cifre fornite da Save the Children nel suo quarto rapporto “(Non) tutti a mensa”, stilato alla vigilia dell’anno scolastico 2017-1018, e riportate stamane dall’agenzia giornalistica Ansa. Solo un paio di cifre, ma illuminanti.

In Sicilia, Puglia, Molise, Campania e Calabria la maggior parte degli studenti delle scuole primarie e secondarie non ha accesso alla mensa scolastica. Cifre da fare accapponare la pelle, se si pensa che il fenomeno riguarda l’80 per cento degli alunni siciliani, il 73 di quelli pugliesi, il 69 molisani, il 65 campani e il 63 calabresi.

Cifre che si incrociano con altri due fenomeni che rappresentano un’altra grave piaga per il Sud: la mancanza di tempo prolungato nelle scuole e la dispersione scolastica.

Nel primo caso la maglia nera spetta al Molise (93 per cento), seguito dalla Sicilia (92), dalla Campania (86), e dalla Puglia (83), percentuali che superano ampiamente il già preoccupante dato nazionale che si attesta al 69 per cento.

Da questi numeri emerge l’inevitabile conseguenza del terzo fenomeno – quello della dispersione scolastica – che ancora una volta vede ai primi posti quattro regioni del meridione: la Sicilia (23,5 per cento), la Campania (18,1), la Puglia (16,9), la Calabria (15,7).

Oggi i telegiornali apriranno con altre notizie, come del resto avvenne alcuni anni fa, quando il risultato di uno studio effettuato da un istituto di ricerca stabilì l’altissima percentuale di analfabeti e di semi analfabeti presenti in Italia, soprattutto nel Mezzogiorno, soprattutto a Catania, considerata – secondo i dati – la città più analfabeta d’Italia. Allora la notizia passò inosservata, come succederà oggi.

Eppure sono dati essenziali per comprendere la drammaticità di una Questione Meridionale che nessuno ha mai pensato di risolvere seriamente: forse perché “politicamente” non conviene. Avere dei cittadini che comprendono il nesso fra corruzione e mafia da un lato e sottosviluppo dall’altro non è pagante. Meglio lasciare i bambini senza refezione, senza tempo prolungato, senza scuola. Sennò i voti da dove si prendono? I mafiosi e i corrotti come sarebbero votati? Certe periferie del Sud come si dovrebbero sfruttare? Meglio lasciare tutto com’è e raccontare che il Pil è migliorato dello zero virgola…

Luciano Mirone