Se ti candidi in un partito di centrosinistra, parti da Palermo per recarti a Catania a rendere omaggio all’editore più chiacchierato della Sicilia, per giunta sotto processo per concorso esterno in associazione mafiosa, le cose sono tre: o non conosci la storia contemporanea (e quindi non puoi candidarti alla presidenza della Regione siciliana), o obbedisci a regole che sfuggono alla logica dei comuni mortali, oppure hai deciso di perdere le elezioni.

Fabrizio Micari. Sopra. Mario Ciancio

Definire inqualificabile la visita a Mario Ciancio del candidato del Pd alla presidenza della Regione siciliana, Fabrizio Micari, Rettore dell’Università di Palermo, è il minimo che si possa fare. Evidentemente non bastano le contestazioni che il Pd siciliano ha subito sull’appoggio del ministro Alfano e del sottosegretario Castiglione (quest’ultimo coinvolto nell’affaire del Cara di Mineo). Ci voleva quest’altra “perla” per portare definitivamente l’elettorato che crede ancora nei valori di Pio La Torre, Piersanti Mattarella, Aldo Moro, Enrico Berlinguer, Luigi Sturzo, Alcide De Gasperi, e tanti altri Padri nobili della politica italiana, ad allontanarsi definitivamente da quel partito che negli ultimi decenni nell’Isola si è alleato con gente come Totò Cuffaro e Raffaele Lombardo. Ci voleva questa “mossa” per spaccare decisamente un centrosinistra che, presentandosi unito, forse non avrebbe vinto (forse…), ma avrebbe svolto il suo ruolo con dignità, gettando le basi per un rinnovamento della politica e dando speranza al suo elettorato. Invece vediamo un film replicato cento volte (l’ultima con il sindaco di Catania Enzo Bianco): il politico di turno che omaggia il potente discusso e impelagato con la giustizia con accuse pesanti. L’altro ieri Claudio Fava – candidato di Art.1- Mdp – l’ha fatto capire chiaro e tondo: con queste premesse, di alleanza, non si deve neanche parlare. Con queste premesse, il Pd si avvia a diventare un ibrido della politica italiana, in quanto perderà una parte consistente della sua anima e del suo elettorato: la sinistra. Non quella “radicale” (che secondo Renzi non andrà da nessuna parte), ma quella “moderata” che crede e porta avanti certi valori.

Dopo gli anni di Crocetta – anche lui, nel 2012, folgorato dall’immancabile visita a Ciancio, ma almeno ad elezione avvenuta, e non in campagna elettorale – caratterizzati da scelte incompatibili con la cultura della sinistra, chi credeva in una inversione di tendenza di un Pd discendente dalla lotta di resistenza e dalla lotta antimafia del partito popolare e del partito comunista, è sonoramente servito: il “nuovo che avanza”, invece di incontrare precari, diseredati e studenti, non trova di meglio che inaugurare la sua campagna elettorale in questo modo. Il “nuovo che avanza”, invece di dichiarare che contribuirà a costruire un’informazione seria nell’Isola, lancia un messaggio così dirompente al suo elettorato.

Su questo vorremmo conoscere il pensiero del sindaco di Palermo, Leoluca Orlando, che assieme al segretario del Pd, Matteo Renzi, si è battuto per la candidatura di Micari. Meraviglia che un uomo come Orlando – che ha costruito la sua carriera politica battendosi contro le collusioni presenti nella Democrazia cristiana, a cominciare da Giulio Andreotti e Salvo Lima – su un fatto del genere non abbia preso posizione.

Anzi, se dobbiamo dirla tutta, meraviglia che una personalità come lui stia partecipando a una “strategia” che porterà il centrosinistra a impattare contro il nulla che sta costruendo. Faccia il sindaco Leoluca, e lo faccia bene, come sta avvenendo: lasci perdere queste alchimie incomprensibili per la gente comune, questi improbabili alleanze. Qualcuno può spiegare quali percorsi politici ha segnato in questi anni il “ticket” Micari-La Via? Nessuno dubita che siano degli eccellenti professionisti, ma la politica – quella vera – è un’altra cosa.

Luciano Mirone