Il ministro dell’Ambiente Gianluca Galletti bacchetta il governatore siciliano Rosario Crocetta per la gestione dei rifiuti in Sicilia e non esclude l’ipotesi di un commissariamento. “Come ti è noto – gli scrive – secondo le disposizioni vigenti, ho concesso un’ulteriore intesa ad un’ordinanza regionale, per far fronte alle emergenze nella gestione dei rifiuti in Sicilia, che all’evidenza non lasciano intravedere facili ed immediate risoluzioni”. “Non posso non rilevare e sottoporre alla tua attenzione quanto continuano ad evidenziare i miei uffici in ordine alla sostanziale inadempienza alla gran parte delle prescrizioni da me indicate”. “Mi vedo costretto a rappresentarti che, se a breve la Regione non riuscirà ad intraprendere percorsi concreti e decisivi verso la soluzione delle problematiche esistenti nell’assetto ordinamentale, organizzativo ed impiantistico, ricondurrò l’azione del Ministero all’ordinario esercizio dei poteri di vigilanza e controllo, propri della consueta attività dello Stato” (Ansa).

Rosario Crocetta, governatore della Sicilia. Sopra: una discarica nell’Isola

Parole che non lasciano dubbi. Il commissariamento per la gestione dei rifiuti in Sicilia potrebbe essere dietro l’angolo. Ma ormai è da decenni che nell’Isola si gestisce un’emergenza senza fine.

Nel 1999 si pensò di risolvere tutto con la bacchetta magica, ovvero nominando – da parte dello Stato – commissario per l’emergenza rifiuti l’allora presidente della Regione Totò Cuffaro. Mica una nomina così. In parole povere, venivano dati poteri speciali al governatore. Cuffaro pensò bene (è detto in senso ironico) di risolvere il problema in due modi: il primo fu quello di istituire e di moltiplicare da subito gli Ato (Ambiti territoriali ottimali) che avrebbero dovuto gestire l’emergenza. Solo che, mentre nelle altre regioni, gli Ato erano uno per ogni provincia, in Sicilia, dove di province ce ne sono 9, ne vennero costituiti 22, con altrettanti consigli di amministrazione e con costi ingenti anticipati dai Comuni che versano ancora in condizioni gravissime per quella scelta scellerata. Il secondo fu quello di progettare, senza uno studio geomorfologico dei territori, tre mega inceneritori che – se realizzati – avrebbero avuto delle conseguenze più disastrose dell’emergenza.

Perché? Intanto perché la realizzazione degli inceneritori era stata prevista nei siti di interesse comunitario, zone che per il loro pregio storico, naturalistico, archeologico e turistico dovrebbero essere tutelati e non distrutti da strutture del genere. Un esempio per tutti, Paternò (Ct), dove l’inceneritore (definito più aulicamente “termovalorizzatore”, magari per lasciare nei cittadini la sensazione che bruciare è bello) era stato previsto nella Valle del Simeto, a un passo dal fiume e in mezzo agli agrumeti che da sempre danno sostentamento alle popolazioni di quella zona. E poi perché all’epoca, nell’Isola, la raccolta differenziata era appena al 2 per cento, e quindi – senza un’adeguata differenziazione – il rischio era che dentro l’inceneritore ci finisse di tutto, dalla plastica ai metalli pesanti, con la conseguenza che da quei camini si sarebbe sprigionata diossina che avrebbe messo a rischio migliaia di cittadini, ma al tempo stesso la mafia avrebbe ricavato ingenti guadagni che altrimenti, con la differenziata, non avrebbe potuto permettersi: il rifiuto più pesa, più vale, e si trasforma in oro, che finisce nelle tasche dei soliti noti.

L’ex assessore regionale all’Energia, Nicolò Marino.

Non sappiamo se esiste un nesso fra le strategie di ieri e i fallimenti di oggi. Sappiamo però che se in diverse province siciliane la raccolta differenziata non si fa, se le discariche sono al collasso, se certi imprenditori legati al ciclo dei rifiuti sono andati a finire in galera, se ci sono stati assessori regionali (uno su tutti, quello all’Energia del governo Crocetta, l’ex magistrato Nicolò Marino, che voleva mettere ordine e pulizia in questa delicata e complessa materia) cacciati da un giorno all’altro, se in certe città la spazzatura tracima dai cassonetti e invade le strade, se un ministro minaccia un governatore di commissariare il settore, un motivo deve pur esserci. E per favore risparmiateci almeno una volta la solita e patetica scena dello scaricabarile.

Luciano Mirone