Marianna Manduca venne uccisa a Palagonia (Catania) dal marito tossicodipendente Saverio Nolfo nel 2007, dopo che lei lo aveva denunciato ben dodici volte alla Procura di Caltagirone. Invano. Perché i magistrati del comune catanese avevano sottovalutato il problema ritenendo che quello fosse un consueto rapporto matrimoniale contrassegnato da qualche litigio, come avviene in molte coppie normali.

Marianna Manduca

Ma quello fra Marianna e Saverio non era un normale rapporto. Era un inferno. Che nessuno aveva capito, malgrado le denunce. Nel giugno dello scorso anno il tribunale civile di Messina ha ritenuto responsabili i magistrati del comune catanese resisi colpevoli – secondo la Corte – di “negligenza”, e condannando la presidenza del Consiglio dei ministri a risarcire il danno subito dai tre orfani con 260mila Euro.

Oggi Palazzo Chigi ci fa sapere che ha deciso di appellare la sentenza, una sentenza che quando venne fu venne considerata “esemplare” da molti. Lo rendono noto gli avvocati Alfredo Galasso e Licia D’Amico, legali dei tre ragazzi di Marianna Manduca.
Una storia incredibile quella di Marianna, che soprattutto in quegli ultimi sei mesi di vita era diventata un tormento. In quel periodo la donna si rivolgeva alla procura di Caltagirone con denunce a ripetizione di questo tenore: “Mi ha minacciato con un coltello, non so più che devo fare: aiutatemi”. Niente da fare. Poco tempo dopo, il 4 Ottobre, fu raggiunta da sei coltellate al petto e all’addome.

Il tribunale di Caltagirone

“All’epoca – dichiarò l’avvocato Galasso a Repubblica – la questione fu considerata alla stregua di una lite familiare”. Oggi, dopo dieci anni, quando sembrava che i figli di Marianna potessero ottenere un risarcimento che non avrebbe restituito la loro madre, ma quantomeno avrebbe potuto alleviare le loro pene, arriva questa notizia. Che sicuramente sarà motivata adeguatamente dalla presidenza del Consiglio.

Aveva 35 anni Marianna quando fu uccisa, un diploma di geometra  e un lavoro presso uno studio privato. Lui di anni ne aveva 37 ed era disoccupato. Deve scontare vent’anni.

Luciano Mirone