C’è qualcosa di drammatico nella mozione di sfiducia che il Consiglio comunale di Licata ha votato nei confronti di Angelo Candiano, il sindaco anti abusivismo scortato per le continue minacce e per due case di famiglia bruciate. Non riusciamo a trovare altri termini in questa vicenda dai contorni kafkiani che fa comprendere, meglio di altre, i guasti di una Sicilia che – malgrado gli slanci di cambiamento dimostrati in certe occasioni, di cui il sindaco Candiano uno dei modelli – offre un quadro così desolante da portarci ad usare, oltre che “drammatico”, la parola “irredimibile” utilizzata da Sciascia a proposito di questa Terra.
Drammatico e irredimibile sono due termini che danno il senso di questo cancro che sta divorando l’anima di una regione. La cementificazione. Che al contrario di altri gravissimi mali come l’inquinamento e le discariche a cielo aperto (eliminabili o almeno contenibili attraverso una serie di azioni mirate: il disinquinamento, la raccolta differenziata, ecc.) appare incurabile per diversi motivi: 1) perché non puoi radere al suolo migliaia di immobili senza prevedere una rivoluzione; 2) perché il male è penetrato nella testa di un sacco di persone in modo irreversibile; 3) perché questo male ha un nesso preciso con il diritto principale per ogni essere umano, oltre al lavoro: quello alla casa.
Perché succede tutto questo? Perché un sindaco perbene come Candiano viene sfiduciato? Perché i tanti Candiano che si sono in Sicilia faticano a fare affermare certi principi?
Immaginate un siciliano che a un certo punto del Novecento – il periodo di massima espansione dell’abusivismo edilizio – decide di lasciare il suo paese per trasferirsi in una fabbrica della Germania, della Svizzera o della Francia. Pensate a quest’uomo completamente sradicato che non conosce la lingua, le abitudini, le persone del nuovo mondo, ma che sogna di tornare al paese con un’agiatezza che gli consentirà di avere una famiglia e una casa. Ma immaginate anche il siciliano che resta e che, spaccandosi la schiena per dodici ore al giorno nei campi, ambisce alle stesse conquiste e finalmente mette da parte un gruzzoletto che gli consente di vivere dignitosamente.
E però sia il siciliano emigrato, sia il siciliano che resta si trova davanti a una situazione incredibile: al paese c’è il piano regolatore bloccato: in Consiglio comunale si stanno scannando sulle aree edificabili. E allora il siciliano (l’uno e l’altro) ha due scelte: o non costruisce la casa o la costruisce abusivamente. Ovviamente opta per la seconda soluzione. E se alle elezioni deve votare e fare votare per il sindaco che ha chiuso un occhio, per il parlamentare che ha proposto e votato la sanatoria, per il mafioso che difeso i suoi interessi, non importa, non costa niente e lo fanno tutti, quindi lo fa anche lui. E se nel frattempo la sua condizione economica è migliorata, può anche costruire la villetta al mare, naturalmente abusiva, perché tanto ci sarà sempre chi lo proteggerà. Nel frattempo a Roma, a Palermo e nei punti più sperduti dell’Isola vengono eletti deputati, senatori, sindaci, consiglieri comunali che alimentano questo cancro dal quale a loro volta sono alimentati.
Tante volte si sente dire che la classe politica è espressione della comunità che la rappresenta. In parte è vero. Ma in questo caso di chi è la colpa, del cittadino o del politico? E’ come il gatto che si morde la cosa, eppure devono pur esserci una causa, un’origine, dei responsabili. Noi crediamo che l’origine sia collegabile con il periodo che abbiamo citato – la metà del Novecento – quando il benessere diffuso ha portato la cementificazione a diventare fenomeno di massa, ma crediamo pure che i responsabili principali siano i politici che hanno gestito i bisogni di tantissimi siciliani per rapinare il rapinabile. La gente comune è pure responsabile, ma le sue colpe non sono minimamente comparabili a quelle della classe dirigente.
Quando il sindaco di Licata denuncia che fra i consiglieri che lo hanno mandato a casa ce ne sono addirittura sette che hanno costruito abusivamente, quando dichiara che gli altri consiglieri si sono dovuti accodare perché l’abusivismo edilizio è talmente tanto da essere diventato una patologia, abbiamo la conferma di vivere in una regione malata che col tempo ne ha contagiate altre.
Ormai non solo in Sicilia si sente ripetere come un mantra la solita frase: “Se non si muove la cazzuola l’economia sta ferma”. Nessuno fra gli assertori di questa tesi riesce a spiegare perché nelle zone dove la cazzuola si muove selvaggiamente le percentuali di disoccupazione sono le più alte d’Europa e nei luoghi dove viene rispettato il paesaggio si registra il reddito pro capite più alto grazie all’industria più importante dell’Isola: il turismo.
L’altro giorno su facebook qualcuno ha proposto Angelo Candiano candidato alla presidenza della Regione. Perché no?
Luciano Mirone
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