Ieri sera ho visto l’inferno. Ci sono passato vicino. Ho respirato il suo puzzo immondo. Tornavo da San
Vito, potevano essere le 23,15. Le creste dei monti che orlano Castelluzzo erano ferite dalle fiamme, che oltraggiavano il cielo. Poi sempre più basse, fino a sfiorare la strada. Il fumo denso. Mi viene incontro. Avvolge la macchina. Un tunnel di fumo. Il crepitio del fuoco. Il tonfo di un ulivo incandescente sulla strada. Il fumo. Ora dal cielo piove cenere. Ora lacrime di fuoco. Non so se posso tornare indietro. Vedo fiamme dietro di me. La nebbia fitta. Provo a chiamare i vigili, la polizia. Le linee assenti. Faccio inversione. Dribblo un tizzone acceso sull’asfalto. Trattengo il respiro, il fumo entra nell’auto. Sento che si surriscalda. Ce la posso fare. Le lingue di fuoco. Sono li accanto a me. Devono finire il loro lavoro. Non deve restare più nulla. Torno a San Vito. Chiamo il 113. Le fiamme illuminano l’orizzonte. È una tragedia.E ha dei colpevoli. Ora so cos’è l’Inferno.

Nella foto: la riserva dello Zingaro in fiamme

Giacomo Pilati