Sebastiano Gulisano è uno dei cronisti più informati su cui per anni hanno contato due grandi testate che hanno fatto la storia del giornalismo d’inchiesta di questo paese: “I Siciliani” e “Avvenimenti”. Documentato come pochi altri colleghi, Sebastiano sulle ultime dichiarazioni del boss mafioso Giuseppe Graviano ha una tesi personale che espone in questa intervista. Questo il resoconto della nostra conversazione.

Sebastiano Gulisano in versione fotoreporter (foto Maurizio Parisi). Sopra: Silvio Berlusconi e, nel riquadro, Giuseppe Graviano

Sebastiano, cosa pensi delle ultime dichiarazioni del boss Giuseppe Graviano, condannato all’ergastolo per le stragi del ’93? Graviano recentemente ha puntato il dito contro l’ex  presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, accusandolo di essere stato uno dei “mandanti esterni” delle stragi del 92 e del 93.

“Delle cinquemila pagine depositate dalla Procura di Palermo noi conosciamo sostanzialmente tre cose: 1) “Nel 1992 Berlusconi mi chiese una cortesia” (di fare le stragi); 2) “Le stragi del ’93 non le ha fatte la mafia, però loro (i politici, ndr) pensando che le avesse fatte la mafia ci hanno tolto il regime di carcere duro del 41 bis”; 3) “Mia moglie dormiva con me in cella malgrado fossi al 41 bis”. Di questi tre elementi siamo in condizione di dire che almeno uno è falso: il processo di Firenze ha dimostrato in maniera inconfutabile che le stragi di Firenze, Roma e Milano le ha fatte Cosa nostra e lo stesso Graviano sta scontando l’ergastolo per tale motivo. Se su questo punto ha mentito, chi mi garantisce che le altre cose siano vere? Ho il timore che ogni volta che ci ritroviamo col nome di Berlusconi accostato a vicende di mafia,  perdiamo il lume della ragione. Non voglio fare il difensore di Berlusconi, anche perché il processo a Marcello Dell’Utri, l’inventore di Forza Italia, specie in primo grado, ha spiegato in maniera chiarissima il rapporto fra quest’ultimo e Cosa nostra: Dell’Utri era l’elemento di congiunzione fra la mafia e Berlusconi (imprenditore e politico). Non ci sono dubbi. Ma ciò non vuol dire che sia vero che Berlusconi chiamò Graviano per chiedergli ‘una cortesia’, né che le parole del boss possano essere utilizzate per dimostrare la cosiddetta trattativa Stato-mafia”.

Puoi spiegare meglio?

“Ormai è accertato che le stragi del 93 le ha eseguite la mafia, ma Graviano nelle intercettazioni dice che la mafia non ha eseguito quelle stragi”.

Graviano dice testualmente: “Ma no che era la mafia”. Sei parole con un costrutto tipicamente siciliano, che potrebbero presentare un doppio significato: è stata la mafia, oppure è stata “anche” la mafia.

“No, Graviano esclude la matrice mafiosa. Non vedo altra interpretazione: ‘Nel ’93 ci sono state altre stragi. Ma no che era la mafia’. Per me non è interpretabile in maniera diversa dal respingere l’addebito, tanto che in un’altra parte delle intercettazioni si definisce ‘innocente’. E lui per quelle stragi sta all’ergastolo”.

E allora?

“E allora io dico che bisogna stare attenti, perché se questa cosa è falsa, chi mi dice che anche le altre non lo siano? Di più. Due cronisti esperti come Attilio Bolzoni di ‘Repubblica’ e Francesco La Licata della ‘Stampa’ ipotizzano che Graviano sapesse di essere intercettato. Se ciò fosse vero (e probabilmente lo è) vuol dire che l’interesse di Graviano sia quello di mandare messaggi. E i messaggi vanno decrittati, non riversati dentro un processo”.

Ti riferisci a Di Matteo?

“Al pool di Palermo (quindi anche a Di Matteo) che ha depositato le intercettazioni di Graviano nel processo Trattativa”.

Massimo Giannini, vice direttore di “Repubblica”, in questi giorni ha scritto che Di Matteo sarebbe in procinto di essere designato ministro della Giustizia del M5Stelle.

“Posso dire che mi sembra una sciocchezza? C’è stata la domanda di un giornalista: “Di Matteo, lei pensa di entrare in politica?”. Lui ha glissato – e non avrebbe potuto fare diversamente – rispondendo di non avere nulla in contrario che un magistrato entri in politica. Questo non vuol dire che Di Matteo sia prossimo a diventare ministro in caso di vittoria dei 5Stelle. Poi possiamo anche ricamarci sopra, però atteniamoci ai fatti”.

Torniamo a Graviano. Ci sono altre contraddizioni nelle sue dichiarazioni?

“Ho letto un’intervista sul ‘Fatto quotidiano’ al magistrato Alfonso Sabella: l’ex assessore alla Legalità della giunta romana di Marino è uno che le carceri le conosce bene per essere stato tanti anni al Dap. Sabella spiega che per consentire alla moglie di Graviano di entrare nella cella del marito, bisognerebbe corrompere almeno tredici agenti penitenziari. Tutto è possibile, ma Sabella lo ritiene assai improbabile”.

E quindi?

“Quindi non è detto che Graviano affermi sempre cose credibili. Ecco perché dico che bisogna stare attenti”.

Luciano Mirone