Periodicamente ci sono i blitz che fanno o dovrebbero fare “terra bruciata” attorno a lui, come quello eseguito ieri dai carabinieri del Ros nei confronti della rete di fiancheggiatori del super boss latitante Matteo Messina Denaro. Ma di acciuffare lui, latitante da molti anni, non se ne parla. Intanto ieri è stata effettuata l’ennesima, brillante operazione volta a “isolare” questo capomafia considerato fra i più potenti al mondo.

Quattordici provvedimenti di fermo sono stati emessi dalla Procura distrettuale antimafia di Palermo a carico di altrettante persone indagate per associazione mafiosa, estorsione, detenzione illegale di armi e altri reati aggravati dalle finalità mafiose. Al centro delle indagini del Ros la cosca mafiosa di Marsala, di cui sono stati delineati gli assetti e le gerarchie. Sono state documentate anche le tensioni interne alla ‘famiglia’ per la spartizione delle risorse finanziarie derivanti dalle attività illecite e l’intervento pacificatorio – nel 2015 – dello stesso Messina Denaro. In questo contesto gli accertamenti hanno fornito “inediti e importanti elementi, per l’epoca – sottolineano gli investigatori – riguardanti l’operatività e la possibile periodica presenza del latitante nella Sicilia occidentale”.

La strage di Capaci. Sopra, Matteo Messina Denaro, secondo un identikit delle Forze dell’ordine

I fermati nell’operazione antimafia “Visir”, condotta dal Ros dei carabinieri e coordinata dalla Dda di Palermo, sono: Andrea Antonio Alagna di 38 anni, Alessandro D’Aguanno (26), Vincenzo D’Aguanno (57), Calogero D’Antoni (35), Giuseppe Giovanni Gentile (43), Michele Giacalone(47), Simone Licari (59), Ignazio Lombardo (55), Vito Vincenzo Rallo (57), Alessandro Rallo (24), Nicolò Sfraga (51) e Fabrizio Vinci(47), tutti ritenuti appartenenti al mandamento mafioso di Mazara del Vallo e accusati, a vario titolo, di associazione mafiosa, porto abusivo d’armi ed estorsioni (Ansa).

Nomi che la maggior parte dei lettori non ha mai sentito nominare, sicuramente nomi di spicco dell’organizzazione, ma siamo sempre lì: se non si catturano i super latitanti, la lotta alla mafia – al di là dei meriti straordinari di magistrati e forze dell’ordine – rischia di fare un buco nell’acqua.

Matteo Messina  Denaro è il depositario dei segreti sulle stragi di Stato, il mandante e l’esecutore di decine di omicidi efferati, un anello di congiunzione importante nei rapporti fra Cosa nostra e la politica.

Prima di questa brillante operazione, abbiamo registrato un altro duro colpo alla cosca del boss di Castelvetrano, l’operazione “Ermes”, promossa nel dicembre scorso e conclusasi con undici provvedimenti di custodia cautelare e il sequestro di tre imprese.

“Ma affinché lo Stato possa riacquistare la sua credibilità, dopo le latitanze dorate e le protezioni che ha assicurato a personaggi del calibro di Nitto Santapaola, Bernardo Provenzano, Totò Riina, e prima di Luciano Liggio, Tano Badalamenti e Stefano Bontate, e prima ancora di Michele Navarra, è necessario che arresti Matteo Messina Denaro”, scrivevamo allora. Lo confermiamo parola per parola.

Luciano Mirone