“Non sono in grado di dire se sulla perdita della farmacia comunale ci sono degli interessi nascosti. Eventualmente lo scopriremo fra qualche anno”. E’ sibillino, Nino Rapisarda, ex presidente del Consiglio comunale di Belpasso. Eppure fa affiorare un dubbio. Lui dice di parlare “in generale”, senza riferimenti a persone, e noi ne prendiamo atto. Gli chiediamo: perché dovremmo scoprirlo fra qualche anno, ma lui si trincera dietro a un sorriso senza aggiungere altro.

Nino Rapisarda, lei era presidente del Consiglio comunale quando, nel 2009, la Regione siciliana autorizzò il Comune ad istituire la farmacia municipale. Un momento di “svolta” per questa città, dopo che per dieci anni la sinistra aveva congelato l’istituzione di un’altra farmacia.

“Nel 2009 ci impegnammo molto per portare la farmacia comunale a Belpasso, e bisogna dire che il Civico consesso, all’unanimità, approvò questo progetto. Un progetto che avrebbe portato delle risorse notevoli al Comune. Adesso è stato commesso un pasticcio di grosse dimensioni. Ho studiato approfonditamente il caso e ho capito qualcosa”.

Cosa?

“Perdere in questo modo una farmacia comunale è un fatto grave. E’ stata una scelta politica tra l’Amministrazione comunale di Belpasso e la Regione siciliana. Senza l’intervento della Regione, penso che la farmacia sarebbe stata comunale”.

Perché pensa che la Regione abbia delle responsabilità?

“Perché quando un Consiglio comunale, all’unanimità, fa una scelta del genere penso che la Regione debba fare di tutto affinché questo progetto vada in porto. Invece la Regione ha remato contro, ha fatto di tutto affinché la farmacia comunale diventasse privata”.

Quindi le accuse del sindaco nei confronti della Regione sono giuste…

“Sicuramente. La Regione ha accelerato l’iter per l’assegnazione della farmacia in modo non necessario, facendo una forzatura”.

Però, nello stesso tempo, lei dice che ci sono responsabilità dell’Amministrazione comunale.

“L’Amministrazione ha delle responsabilità per non aver dato risposte entro i termini stabiliti dalla Regione. È vero, il sindaco in quel periodo era assente, ma il vice sindaco e gli altri amministratori potevano dare delle risposte immediate: l’iter dell’istituzione della struttura si era quasi concluso con l’Amministrazione precedente (Papale), quindi mancavano piccoli adempimenti che si sarebbero potuti completare. La verità è che il Comune ha vanificato una conquista importante”.

Papale parla di “complicità” fra Regione e Comune.

“Pare che lo stesso iter si sia verificato in altri centri della provincia. C’è stata una accelerazione della Regione per eliminare le farmacie comunali, quindi c’è stato un indirizzo preciso per portare avanti il progetto delle farmacie private”.

Lei, in quanto ex presidente del Consiglio comunale, ha la competenza per rispondere a questa domanda: un dirigente comunale può rispondere a una lettera della Regione, specie quando si tratta di un argomento così delicato, senza prima consultare l’organo politico? Il sindaco Caputo – per giustificarsi della mancata risposta alla Regione – asserisce di sì e scarica tutto su un dirigente comunale, dicendo che questi gli avrebbe nascosto la posta.

“Il dirigente non può rispondere in modo autonomo senza consultare l’organo politico. Alla base della scelta di istituire la farmacia comunale c’è un indirizzo politico, quindi il funzionario non poteva arbitrariamente superare l’operato di un Consiglio comunale. Si sarebbe dovuto consultare col sindaco”.

Lei pensa che ormai la farmacia comunale è perduta?

“Certamente. Ormai il danno è stato fatto. Casomai si potrebbe rimediare quando bisognerà istituire la settima farmacia”.

Cosa vuole aggiungere?

“Ripeto: se ci sono degli interessi nascosti, lo scopriremo fra qualche anno”.

Luciano Mirone

6^ Puntata. Continua