Si chiama “L’Isola che c’è”. Si tratta di un progetto ritenuto ironicamente “folle” da chi lo sta portando avanti, perché si propone di cambiare la Sicilia stando al di fuori e al di là dei partiti. Una scommessa. Nata pochi giorni fa a Paternò (che ha ospitato l’evento), dove oltre sessanta associazioni provenienti da tutta l’Isola che operano nel mondo del volontariato, dell’associazionismo, della cultura e dell’imprenditoria (soprattutto quella dell’agricoltura sostenibile) si sono incontrate per parlare di solidarietà, di pace, di ambiente, di inclusione, ma soprattutto di come attuare una strategia per condizionare le istituzioni per da modificare “dal basso” il destino di una regione “segnata da decenni di malgoverno”. Un progetto ancora allo stato embrionale, ma che potrebbe avere sviluppi impensati per l’attenzione che sta già creando presso quel mondo delle associazioni particolarmente sensibili al cambiamento.

A spiegarne le finalità è Alfio Foti, ex presidente di Arci Sicilia, ed attuale componente del movimento “Un’altra storia”.

“Stiamo cercando – dice Foti – di mettere insieme le esperienze che in Sicilia, nei vari ambiti, praticano il cambiamento per dare voce a queste realtà. Pensiamo che rappresentino un potenziale straordinario per quest’Isola: il nostro compito è quello di trasformare in energia dinamica e in cambiamento reale le potenzialità che finora, pur avendo agito da sole, hanno voglia di cambiare. E’ un’occasione nuova affinché la Sicilia possa trovare gli elementi positivi per una crescita complessiva”.

In che modo si pensa di portare avanti questo progetto?

“Senza creare liste elettorali, né micro partiti, né super capi e super leader. Cercheremo di far sì che soltanto attraverso una cooperazione orizzontale vera tutte queste esperienze possano accedere ad una dimensione progettuale comune, interloquendo con le istituzioni per provocare il cambiamento”.

Alfio Foti

Quando si parla di cambiamento a cosa si fa riferimento?

“Cambiamento significa valorizzare le risorse che la Sicilia possiede, quelle compatibili e sostenibili con l’ambiente, un progetto di democrazia vera, anche con strumenti di partecipazioni. Cambiamento significa che finalmente la politica, quella vera che dovrebbe costruire il Bene comune, vada incontro ai problemi veri delle persone e quindi si differenzi da quella che ha provocato un disastro che è sotto gli occhi di tutti. E’ bellissimo che sessanta sigle abbiano aderito a questo progetto. Non posso menzionarle tutte perché dovrei fare un lungo elenco. Credo che aumenteranno notevolmente”.

Da quanto tempo esiste questa “Rete”?

“Ci siamo riuniti venti giorni fa. Prossimamente stileremo ufficialmente un programma che è stato sottoscritto da tutti i soggetti che hanno partecipato all’incontro di Paternò, dove ViviSimeto (associazione che da molti anni opera per la valorizzazione dell’ambiente, del centro storico e delle tipicità locali) si è fatta promotrice”.

Come pensate di incidere nella società per cercare di cambiarla?

“La politica deve prendere atto che esiste questa Sicilia, che vuole avere voce, che vuole avere un ruolo costruttivo o vertenziale a seconda dell’atteggiamento delle istituzioni”.

Perché poc’anzi diceva che non intendete tradurre questo progetto in un impegno politico?

“Intendiamoci: il progetto è politico, in quanto vogliamo mettere al centro il Bene comune e la gratuità. Ma non è partitico, né elettorale, perché pensiamo che in questo momento è la società che deve riacquistare forza e capacità di auto rappresentarsi. Solo dalla società possono venire gli input per un cambiamento reale”.

Esclude che un giorno questo movimento della Società civile possa impegnarsi nelle istituzioni?

“Non lo escludo, né lo confermo , ma non parte con questo obiettivo. Questo è importante. Quello che succederà in futuro non lo sappiamo. Il fatto che sessanta realtà diverse, umilmente, con grande disponibilità ed apertura, si mettano insieme dicendo di voler cambiare quest’Isola, è un fatto di grande importanza”.

Luciano Mirone