Quello che sta accadendo in queste ore in Puglia (nella bellissima zona del Salento) ci coinvolge e ci sconvolge al tempo stesso. Ci coinvolge perché anche noi – come i Salentini – ci sentiamo figli di una cultura contadina che per secoli ha rappresentato l’anima di questo Paese. Ci sconvolge perché in una delle Nazioni più devastate dal cemento, dalle industrie petrolchimiche e dai rifiuti radioattivi, c’è ancora gente disposta a difendere la Terra anche a costo di essere caricata dalla Polizia.
Il fatto sconvolgente è che le proteste non riguardano solo lo stravolgimento di un pezzo di Salento per il passaggio del gasdotto della Tap, ma una cosa molto più innocente e profonda: la difesa a oltranza di duecento ulivi secolari, che devono essere espiantati perché ostacolano il percorso. Certo, saranno ripiantati in un’area adiacente, come si è detto (l’importante è liberare quegli ottanta chilometri di Salento da questi ulivi che – detto ironicamente – frenano lo sviluppo), ma questo, secondo i No Tap, sconvolgerà l’armonia e gli equilibri di un territorio delicatissimo che è bello così, non come si vorrebbe che fosse.
Il fatto sconvolgente è che in Puglia c’è gente che finalmente ha capito la differenza fra sviluppo e progresso, ha capito che una fabbrica può essere costruita a condizione che non inquini, che una casa può essere costruita a condizione che non deturpi, che il gasdotto può passare dalla loro regione, ma a condizione che non devasti ottanta chilometri di paesaggio, perché quel paesaggio per la Puglia è tutto: l’identità, la storia, l’economia di una Terra che da sempre vive di agricoltura e di turismo.
Mentre il simbolo di Roma è il Colosseo, di Parigi la Torre Eiffel, di New York la Statua della libertà, della Puglia sono questi ulivi secolari che – al pari del Colosseo, della Torre Eiffel, della Statua della libertà – non possono essere tolti da dove sono sempre stati.
A questo va aggiunto il fatto che, a causa del batterio della Xilella, questo straordinario patrimonio dell’umanità rischia di essere cancellato o ridimensionato per gli espianti decisi dallo Stato e dall’Unione europea che – come nel caso della Tap – non tengono in considerazione le proteste di una parte del popolo salentino.
Nel caso della Tap ci riferiamo alla proposta di un percorso alternativo che – elaborata dal comitato e dalla Regione Puglia, in controtendenza con lo Stato – dovrebbe coinvolgere il porto di Brindisi, fatto che non incontra i favori dei costruttori dell’opera per i costi maggiori da affrontare.
Nel caso della Xilella ci riferiamo al fatto che – secondo il movimento che si batte per la difesa del paesaggio – non esistono ricerche scientificamente certe sulle cause dell’essiccamento di alcuni ulivi, con le conseguenze che un posto straordinario come il Salento rischia di deprezzarsi e di diventare facile preda degli speculatori.
In Puglia lo scontro è questo e la posta in gioco è alta. Il governatore Emiliano lo ha capito e ieri ha accusato lo Stato: “Non è vero che la Puglia non vuole il gasdotto. E’ il governo che non comprende le esigenze della popolazione”. Non è la prima volta e temiamo che non sia l’ultima. Ma da questo pezzo d’Italia sta partendo un segnale bellissimo: riprendiamoci la Terra con un atto d’amore nei confronti degli ulivi. Un fatto che sconvolge. E che coinvolge.
Luciano Mirone
Il magistrato venduto che ha permesso questo scempio, dopo aver sputato i nomi dei suoi corruttori, dovrebbe essere impiccato ad un ulivo. Poi i suoi corruttori dovrebbero essere arsi vivi sul legno degli ulivi abbattuti. ..
Non si puo..e un sacrilegio a spiantare questo sacro albero..per il potere del estero..No! Abbiamo un dovere di proteggere la natura per sempre. Non essere venduta cosi dei politici e multinazionali
gli olivi restano dove sono non si toccano,
Vorrei precisare che gli ulivi da espiantare non sono “solo” 238, questo è il numero degli alberi presenti soltanto in questa area di cantiere dove verrebbe iniziato il tunnel che passa sotto la pineta e la spiaggia. In realtà gli ulivi da espiantare son circa 10.000 (dieci mila) lungo tutto il percorso del gasdotto, dalla grande centrale di depressurizzazione, nei pressi di Melendugno, fino a Mesagne, dove il tubo si colleghera alla rete nazionale della Snam. Senza contare tutte le centinai di migliaia di alberi che verranno distrutti e i danni all’ ambiente causati dal gasdotto che verrà costruito da Mesagne a Manerbio in Lombardia passando per tutta la dorsale appenninica e quindi per le zone sismiche dell’ centro Italia. Il nostro Salento è solo il primo territorio che verrà irrimedibilmente rovinato da questa opera inutile e dannosa voluta da speculatori e politici senza scrupoli. Il gas inoltre non verrà utilizzato affatto all’Italia che ha un surplus di questa fonte energetica, ma a paesi come la Francia, la Germania o la Svizzera che non fa neanche parte della Comunita Europea. Inoltre non è utile a differenziare le nostre fonti energetiche e a svincolarci dalla Russia in quanto l’Azerbaijan dal 2023 acquisterà gas prorio dalla Russia per venderlo attraverso questo gasdotto e a prezzi maggiorati rispetto a quelli di mercato, Tutto questo naturalmente avrà un costo enorme che verrà caricato sulla bolletta di noi Italiani. NO TAP….ne ora ne mai!