La notizia del militare statunitense in servizio alla base Nato di Sigonella che dall’aeroporto Fontanarossa di Catania spedisce tramite aereo un pacco postale negli Usa contenente una bomba a mano inerte ma carica di esplosivo, ed una cartuccera con proiettili vuoti, ha dell’incredibile. Non solo perché il tizio è un soldato e non solo perché il mondo vive in un perenne stato di tensione a causa degli attentati, ma soprattutto perché il militare è americano e conosce lo stato d’allerta che si vive negli aeroporti di tutto il pianeta, specie dopo l’11 settembre 2001, giorno dell’attacco terroristico alle Torri Gemelle.

L’ingresso alla base Nato di Sogonella. In alto: la bomba ritrovata nel pacco all’aeroporto di Catania

Conosce la situazione che si vive se si fa scalo a New York, dove bisogna attendere almeno tre ore perché ti sottopongono ad accertamenti pazzeschi come il controllo delle impronte digitali e addirittura delle pupille.

Conosce perfettamente anche le ultime disposizioni del governo americano, che a partire dal 25 marzo ha vietato ai passeggeri che prendono aerei di bandiera mediorientale e africana di portare in cabina apparecchi di una certa dimensione come tablet, laptop, videogiochi, piccole stampanti, lettori CD o DVD, fotocamere e lettori e-book, in quanto potrebbero contenere esplosivi.

Ci chiediamo cosa sarebbe successo se una scoperta del genere – invece di farla a Catania – l’avessero fatta in uno scalo del suo Paese con uno straniero, o cosa sarebbe successo se la bomba, seppure inerte – una volta partita da Catania – fosse arrivata a destinazione. Ma ci chiediamo cosa spinga un militare statunitense a spedire un pacco che contiene una granata e una cartuccera attraverso un aereo adibito al trasporto delle merci e dei passeggeri. Fortunatamente il plico è stato scoperto dal personale della sicurezza ed è stato accertato che proveniva da Sigonella: era stato consegnato al Terminal merci di Fontanarossa da uno spedizioniere. Ci chiediamo se è strano tutto questo o se siamo strani noi a chiedercelo. Le fonti ufficiali dicono che si tratti di souvenir che il soldato voleva spedire nel suo Paese. C’è chi va a Roma e spedisce la miniatura del Colosseo, chi va a Parigi e spedisce la miniatura della Torre Eiffel, chi va a Lourdes e spedisce una bottiglietta di acqua benedetta. Il militare americano spedisce bombe dalla lontana colonia dell’impero. Anche questa può essere la metafora dei tempi.

Luciano Mirone