La notizia del militare statunitense in servizio alla base Nato di Sigonella che dall’aeroporto Fontanarossa di Catania spedisce tramite aereo un pacco postale negli Usa contenente una bomba a mano inerte ma carica di esplosivo, ed una cartuccera con proiettili vuoti, ha dell’incredibile. Non solo perché il tizio è un soldato e non solo perché il mondo vive in un perenne stato di tensione a causa degli attentati, ma soprattutto perché il militare è americano e conosce lo stato d’allerta che si vive negli aeroporti di tutto il pianeta, specie dopo l’11 settembre 2001, giorno dell’attacco terroristico alle Torri Gemelle.
![](https://www.linformazione.eu/wp-content/uploads/2017/03/Base-Nato-Sigonella.-Foto.png)
L’ingresso alla base Nato di Sogonella. In alto: la bomba ritrovata nel pacco all’aeroporto di Catania
Conosce la situazione che si vive se si fa scalo a New York, dove bisogna attendere almeno tre ore perché ti sottopongono ad accertamenti pazzeschi come il controllo delle impronte digitali e addirittura delle pupille.
Conosce perfettamente anche le ultime disposizioni del governo americano, che a partire dal 25 marzo ha vietato ai passeggeri che prendono aerei di bandiera mediorientale e africana di portare in cabina apparecchi di una certa dimensione come tablet, laptop, videogiochi, piccole stampanti, lettori CD o DVD, fotocamere e lettori e-book, in quanto potrebbero contenere esplosivi.
Ci chiediamo cosa sarebbe successo se una scoperta del genere – invece di farla a Catania – l’avessero fatta in uno scalo del suo Paese con uno straniero, o cosa sarebbe successo se la bomba, seppure inerte – una volta partita da Catania – fosse arrivata a destinazione. Ma ci chiediamo cosa spinga un militare statunitense a spedire un pacco che contiene una granata e una cartuccera attraverso un aereo adibito al trasporto delle merci e dei passeggeri. Fortunatamente il plico è stato scoperto dal personale della sicurezza ed è stato accertato che proveniva da Sigonella: era stato consegnato al Terminal merci di Fontanarossa da uno spedizioniere. Ci chiediamo se è strano tutto questo o se siamo strani noi a chiedercelo. Le fonti ufficiali dicono che si tratti di souvenir che il soldato voleva spedire nel suo Paese. C’è chi va a Roma e spedisce la miniatura del Colosseo, chi va a Parigi e spedisce la miniatura della Torre Eiffel, chi va a Lourdes e spedisce una bottiglietta di acqua benedetta. Il militare americano spedisce bombe dalla lontana colonia dell’impero. Anche questa può essere la metafora dei tempi.
Luciano Mirone
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