“Rapporti con la mafia e la massoneria”. Questa l’accusa che la magistratura di Palermo muove nei confronti della Banca di credito cooperativo “Sen. Pietro Grammatico” di Paceco (Trapani).
Per questo, dopo che la Procura del capoluogo siciliano ha chiesto il sequestro giudiziario, adesso la Banca d’Italia dispone il commissariamento e l’istituzione di un comitato di sorveglianza.
Quale sarà il futuro di questo piccolo istituto di credito fondato nel 1915, che nell’arco di cento anni è riuscito a creare 5 succursali, dando lavoro ad oltre 30 dipendenti e raccogliendo oltre 1500 soci, non si sa.
Quel che è certo è che la banca, da diversi anni, subiva i condizionamenti di Cosa nostra violando le norme antiriciclaggio e le disposizioni della Banca d’Italia. Diversi i prestiti sospetti che la banca – secondo i magistrati – ha erogato nel corso degli anni a uomini vicini o addirittura organici a Cosa nostra, specie al boss di Castelvetrano Matteo Messina Denaro. L’istituto di credito, nel corso degli anni, avrebbe intrattenuto rapporti anche con il boss Filippo Coppola (condannato per associazione mafiosa nel 2002), figlio di quel Giacomo Coppola a casa del quale nel 1996 gli inquirenti hanno scoperto una riunione fra Messina Denaro, Giovanni Brusca e Nicola Di Trapani.
I militari della Guardia di finanza hanno riscontrato delle anomalie nella concessione di fidi ed extrafidi, ed in seguito ad indagini particolarmente complesse eseguite attraverso un attento screening dei clienti, hanno accertato che 326 soci avevano precedenti penali. Fra questi, undici avevano rapporti con Cosa nostra.
“Sono emersi dei collegamenti con la massoneria – dice il procuratore aggiunto di Palermo Dino Petralia – Non sappiamo se si tratti anche della massoneria non ufficiale, ma è la prima volta che una banca finisce sotto amministrazione giudiziaria”.
Angelo Conti
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