Quando perdi il lavoro e hai voglia di farla finita, perché il mondo ti crolla addosso e a un certo punto decidi di chiudere con tutto e con tutti e di buttarti “di là”, dove il “di là” è il vuoto: a volte una strada vista dal dodicesimo piano, a volte la canna del gas, a volte un pacco di tranquillanti, a volte l’acqua gelida del fiume o del mare.

Stanotte è stata l’acqua del mare di Acitrezza, vicino Catania, a diventare il “di là” per un quarantaduenne di Giarre che, intorno alle 2,30, aveva deciso di attraversare quella soglia e di vivere per sempre nell’aldilà, senza i morsi del dolore di una vita che ti priva del diritto primario: quello di lavorare e di portare il pane a casa e di vivere un’esistenza dignitosa assieme a tua moglie e ai tuoi figli.

E saranno stati la moglie e i figli il tuo pensiero disperato al quale, mentre eri sul molo, deciso a buttarti “di là”, ti sei aggrappato nell’attimo estremo, quello solenne, che bisogna superare perché tutto finisca. E però quell’attimo, a un certo punto, diventa una montagna quasi insormontabile da scalare, perché in quell’attimo ci sono condensati quarantadue anni di cose tremende ma di cose anche belle della tua vita, e allora ti rendi conto che forse c’è ancora la possibilità di andare avanti.

E alla fine ti aggrappi a una telefonata. Un gesto che fai senza pensare, una possibilità su un milione di afferrare quella stilla di vita che ancora, forse, c’è dentro di te. Fai un numero, quello più facile da comporre, il 112. Ti rispondono i carabinieri, ma figuriamoci i carabinieri a quest’ora della notte, con i casini che hanno, se possono intervenire tempestivamente.

La Compagnia dei carabinieri di Acireale. Sopra: i faraglioni di Acitrezza

E invece trovi un carabiniere straordinario, un padre di famiglia che capisce immediatamente il tuo dramma e ti ascolta come da tanto tempo desideravi. Ti trova “in stato confusionale”, tu non riesci a biascicare una parola, ma alla fine farfugli qualcosa e fai capire che sei sul molo di Acitrezza, pronto a farla finita perché sei disperato.

A nulla valgono i conforti e le suppliche del carabiniere in servizio alla centrale operativa di Acireale che risponde a questa chiamata di pronto intervento. Il militare prende tempo, cerca di farti sfogare e di farti ragionare, ti offre la sua spalla, come succede a un vecchio amico al quale ricorrere quando si ha voglia di piangere. Il carabiniere ti fa capire che nella vita c’è sempre la possibilità di farcela, ma intanto avverte l’autoradio di turno del Nucleo radiomobile.

Ma mentre il carabiniere parla, tu stacchi bruscamente la comunicazione, perché hai deciso di oltrepassare i confini.

Frattanto arriva la pattuglia .Ti trova immerso nell’acqua mentre stai affogando. I militari si tuffano, ti soccorrono e riescono a riportarti a riva. Il personale sanitario del 118 ti presta “le cure del caso”. Vieni trasportato d’urgenza all’ospedale Cannizzaro di Catania dove sei tuttora ricoverato per approfondimenti diagnostici. Il referto sanitario dice chenon versi in pericolo di vita.

Luciano Mirone