Un leader. Così viene definito Anis Amri, il tunisino ricercato per la strage al mercatino di Berlino del 19 dicembre (12 morti) da chi, all’Istituto “Sava” di Belpasso, lo ha conosciuto per tre mesi. Nella cittadina etnea, Anis ci finì nel 2011 per ordine della prefettura di Agrigento. Proveniva da Lampedusa, dove il 4 aprile dello stesso anno era stato recuperato in mare da una motovedetta italiana. Assieme ad altri sei connazionali imbarcatisi dal loro Paese alla volta dell’Italia, Anis finì a Belpasso, in questo istituto fondato negli anni Cinquanta da Padre Giuseppe Vasta, parroco della Chiesa Madre, per accogliere gli orfani in condizioni indigenti. E di bambini poveri, il “Sava”, ha avuto l’opera meritoria di accoglierne tanti in questi decenni.
Da qualche anno – oltre alle finalità per le quali è preposto – l’istituto ospita i minori provenienti dai Paesi del Terzo Mondo. Come Anis Amri e i suoi connazionali salvatisi per miracolo al largo di Lampedusa.
Quando arrivarono a Belpasso, non conoscevano una parola di inglese, di tedesco o di francese, il loro progetto era quello di dirigersi in Francia. Solo Anis voleva andare in Germania. “Per cercare lavoro”, diceva. Quel lavoro che a Belpasso, nei tre mesi in cui sono stati nella struttura d’accoglienza, qualcuno dice di avergli cercato: come vivaista o come muratore. Niente da fare: sia per l’età, sia per quei documenti non in regola.
Il presunto attentatore dei mercatini di Berlino viene descritto come il capo carismatico del gruppo, l’uomo forte che riusciva a gestire i compagni. Ma la notte del 23 ottobre 2011, al “Sava”, accadde un fatto che in istituto ricordano ancora. Un incendio appiccato da tre di quei sei ragazzi (fra cui lui) danneggiò una parte della struttura.
“Gli agenti – scrive Maria Lo Porto su Info Oggi – messi in stato di allerta da una segnalazione pervenuta al 112, sono intervenuti presso l’istituto cogliendo in flagranza di reato i tre ragazzi, di cui due 18enni e un 19enne, nonché denunciato in stato di libertà due connazionali minorenni, per minaccia aggravata, lesioni personali e incendio doloso”.
Secondo le ricostruzioni degli inquirenti, da alcuni giorni dentro la struttura d’accoglienza covava parecchia tensione a causa dei ritardi dei visti che avrebbero dovuto attestare lo status di rifugiati politici. Quella sera, dopo un diverbio con il custode, i cinque extracomunitari passarono alle vie di fatto picchiando violentemente l’uomo (che riportò numerose lesioni in tutto il corpo) e bruciando i materassi dell’alloggio. In pochi minuti si propagò un incendio di notevoli dimensioni per il quale dovettero intervenire i Vigili del fuoco di Catania. Per quel gesto, Anis ed altri due connazionali finirono in carcere e furono condannati alla reclusione di quattro anni.
Nei giorni di permanenza a Belpasso – in mancanza di occupazione – lo vedevano bighellonare per diverse ore al giorno. Ai responsabili della struttura, il presunto attentatore chiedeva sempre sigarette e ricariche telefoniche.
Ne luì né i suoi compagni gradivano la carne. Richiedevano pollo accompagnato da salse piccanti. Un giorno – raccontano in istituto – qualcuno del gruppo prese il crocifisso attaccato alla parete e lo buttò per terra. I responsabili della struttura si arrabbiarono, ma nessuno reagì, anzi pare che lui si fosse prodigato per sedare gli animi.
Nel 2013 ecco che Anis si trasferisce ad Enna, dove dall’interno del carcere, partecipa al progetto “’Attori dentro’”, sponsorizzato dall’istituto comprensivo De Amicis. “Rinaldo in campo”, l’opera rappresentata. L’attrice Pierelisa Rizzo, volontaria nella casa circondariale, lo descrive come “un ragazzo silenzioso ed educato”. Siccome parlava poco, “Anis suonava i tamburi. Ma solo per le prove. Poi fu trasferito al carcere di Palermo e non partecipò allo spettacolo”.
Uscito dal carcere si sarebbe diretto in Germania. Oggi è ritenuto “armato e pericoloso”. Sul suo capo pende un ordine di cattura internazionale. Il governo tedesco offre una taglia di 100mila Euro a chiunque fornisca informazioni che portino al suo arresto.
Luciano Mirone
Dolore e tristezza assoluti!
Natale dolorosissimo per tutte le famiglie che piangono
tutti quei poveri morti innocenti, che nessuno può più restituirci….
Basta morte e morti!
Li devono fare morire in mare sti bastardi. E tutta gente marcia. E se in italianon succede niente e perche da qui entrano. SVEGLIAAAAA