Chi – fuori dalla Calabria – ha mai sentito parlare di Franco Gaetano Caminiti? Confesso che fino allo scorso anno avevo di lui una conoscenza superficiale. Del resto in tivù e sui giornali se ne parla poco, quindi…

Poi un giorno, invitato in una scuola di Partinico (in provincia di Palermo), mi sono trovato al cospetto di quest’uomo alto, buono, non incline a spendere parole inutili, che ha raccontato la sua storia e mentre parlava, i ragazzi lo ascoltavano a bocca aperta. Una storia di coraggio nel non piegarsi alle minacce e alle prepotenze del mondo mafioso calabrese, esemplare, unica, perché Franco Gaetano Caminiti è scampato alla morte svariate volte, non solo lui, ma anche la sua famiglia. Per la ‘ndrangheta è colpevole di avere denunciato i suoi estorsori, di averli fatti arrestare, processare e condannare.

Anche ieri. Tutto è successo a Pellaro, paese semi sconosciuto della lontana Calabria (lontana anche dalla Sicilia, così come la Sicilia è lontana dal resto del mondo, perché la Sicilia, la Calabria e il Sud si è deciso che non devono esistere). A Pellaro, Franco Gaetano Caminiti è scampato ancora una volta ad un attentato. La macchina crivellata di colpi spiega tante cose.

Gaetano Franco Caminiti

A Simone Pizzi di Stretto Web dice: “Paradossalmente ho avuto problemi nella mia vita sia con lo Stato e sia con la ‘ndrangheta. Il primo non mi ha mai tutelato, la malavita mi sta distruggendo. Ho fatto ben 63 denunce, ho fatto arrestare e condannare decine di malavitosi ma le istituzioni si sono dimenticate di me“.  L’uomo prosegue rivelando particolari tragici: “Ho trascorso un dicembre tremendo: il 6 ho ricevuto una lettera da Malta con minacce di morte, il 15 mi sono ritrovato delle croci e delle cartucce nei pressi della mia auto, ieri sera il terribile tentato omicidio. Mentre stavo parcheggiando la mia vettura davanti casa, ho sentito degli spari, ho subito capito quello che stava succedendo e mi sono nascosto sotto la macchina. Mi sono salvato la vita per un pelo. Gli attentatori – aggiunge – due o più: ad un certo punto ho sentito dire “via”, “via”, “via”, in quanto sopraggiungeva un’altra auto e si saranno spaventati. Le immagini della videosorveglianza sono al vaglio della Questura di Reggio. Temo per la mia incolumità: sono solo, senza soldi e senza tutele“.

Qualche anno fa – attraverso una petizione su change.org indirizzata al presidente della Repubblica Sergio Mattarella, al presidente della commissione parlamentare antimafia Rosi Bindi e ad alte cariche dello Stato – l’associazione Cittadini contro le mafia ha chiesto che lo Stato riconoscesse a Caminiti lo status di Testimone di giustizia. Ancora Caminiti aspetta.

Perché poi? Basta piegarsi per non avere problemi. Invece lui – come altri uomini che in silenzio tengono in piedi questo Paese – dice NO. Non perché voglia fare l’eroe, semplicemente perché è giusto.

Luciano Mirone