Sul nome è sorta addirittura una quaestio letteraria di difficile soluzione, alcuni giurano che si declina al maschile, altri al femminile. Ma che addirittura il logo degli arancini siciliani venisse copiato dalla Cina e magari rivenduto in Italia, per giunta in Sicilia, nessuno poteva immaginarlo. E invece è successo anche questo, a testimonianza del successo su scala mondiale di questo prelibato prodotto della gastronomia siciliana.

Tutto inizia con una denuncia presentata da una società di Chiaramonte Gulfi (Ragusa) che qualche tempo fa – fiutando l’affare – ha brevettato il marchio “Arancinotto” registrando ottime richieste dall’Italia e dall’estero. I cinesi – con l’immancabile presenza di qualche furbastro di casa nostra – non se ne potevano stare a guardare e hanno copiato il simbolo tale e quale a quello siciliano, stampando circa tremila esemplari.

A quel punto è stato un gioco da ragazzi prendere la ricetta, impastare il riso cotto al dente, confezionarlo come un’arancia, imbottire il tutto con mozzarella a dadini e carne a spezzatino, rivestire l’esterno con una panatura croccante, friggere e rosolare al punto giusto. E soprattutto contrassegnare il prodotto con il logo “Arancinotto” e piazzarlo nelle sagre, nelle fiere, nei negozi, addirittura su internet.

L’improvviso calo di richieste ha insospettito i veri titolari del marchio che si sono rivolti all’Autorità giudiziaria. Dopo mesi di indagine a livello nazionale, la Guardia di finanza di Ragusa ha denunciato 127 persone dedite ad un commercio di arancini con un centinaio di imprese, sia in Italia che all’estero. Grazie a una paziente ricostruzione dell’itinerario commerciale della pietanza, le Fiamme gialle sono riusciti a risalire ai falsari e a denunciarli.

Redazione