Un trauma. Un segno indelebile. Così si esprime la dottoressa violentata da un paziente mentre l’altra notte prestava il suo servizio di Guardia medica a Trecastagni (Ct), davanti ai microfoni di “Mattino Cinque”. Una donna umiliata nella sua sfera più intima che ha subito uno shock tremendo, una ferita psicologica difficilmente rimarginabile. Eppure vuole lanciare un messaggio.

“Sono profondamente sconvolta come donna, ma anche come professionista. Direi quasi umiliata”.

“Voglio ribadire per l’ennesima volta che noi medici che ci prestiamo a lavorare la notte all’interno delle guardie mediche non possiamo essere più lasciati alla mercé del primo malintenzionato che decide di farci del male”.

“E la cosa che mi addolora terribilmente – dice ancora – è il fatto che è una vicenda che sta lacerando la vita di tutta la mia famiglia”.

Con riguardo all’assenza di sicurezza la dottoressa spiega: “Nelle guardie mediche abbiamo delle telecamere a circuito chiuso che sono ridicole. A cosa servono? Solo ad avere delle prove che è successo qualcosa là dentro. Basterebbe collegare quelle telecamere ad un sistema con sorveglianza remota. Cosa che abbiamo chiesto, implorato, e che non ci è stato dato. Sicuramente ciò non avrebbe evitato l’aggressione ma avrebbe limitato il danno, cioè immediatamente sarebbero arrivati i soccorsi”.

“Chiedo solo di fare il mio lavoro nel rispetto della mia dignità di medico, di tutti i medici”.

Il giornalista alla fine le chiede: è disposta a ritornare a lavorare all’interno della guardia medica  se fosse messa in sicurezza? “Forse, ma al momento non so dare una risposta”.

Rosalba Mazza