Il problema delle diseguaglianze sociali è sempre più grave, sia a livello mondiale che all’interno del nostro Paese. Secondo alcuni dati della Banca d’Italia l’11% delle famiglie italiane detiene il 13% della ricchezza, il 65% dei nuclei familiari ha un reddito medio compreso tra i 12.000e i 30.000 euro l’anno. Di essi il 27% vive con 1.000 euro al mese. La crisi economica sta aggravando le condizione delle classi medie, quelle composte soprattutto da impiegati, artigiani, piccoli commercianti, operai, ciò a vantaggio di chi sta al vertice della piramide sociale. Alla crescente povertà economica si aggiungono altre povertà di cultura, di valori ai quali fa riferimento, di orizzonti, di scelte di identità personale e collettiva. Oltre 40 anni fa il Papa Paolo VI nell’enciclica Popolarum Progressio, affermava: “Oggi il fatto di maggior rilevo, del quale ognuno deve prendere coscienza, è che la questione sociale ha acquistato dimensioni mondiali.

Papa Paolo VI. Sopra: un’illustrazione che raffigura le diseguaglianze sociali

I popoli ricchi godono di una crescita rapida mentre lento è il  ritmo di sviluppo di quelli poveri.

Aumenta lo squilibrio: certuni producono in eccedenza beni alimentari, di cui altri soffrono atrocemente la mancanza: e questi ultimi vedono rese incerte le loro esportazioni. A ciò si aggiunge lo scandalo di diseguaglianze clamorose, non solo nel godimento dei beni, ma ancor più nell’esercizio del potere. Mentre un’oligarchia gode, in certe regioni, di una civiltà raffinata, il resto della popolazione, povera e dispersa, è privata pressoché di ogni possibilità di iniziativa personale e di responsabilità, e spesso anche costretta in condizioni di vita e di lavoro indegne delle persona umana”

E più avanti così continua: “Su queste condizioni nuove si è malauguratamente instaurato un sistema che considera il profitto come motore essenziale del progresso economico, la concorrenza come legge suprema, la proprietà privata dei mezzi di produzione come un diritto assoluto, senza limiti né obblighi sociali corrispondenti.

Tale liberismo senza freno conduce alla dittatura dell’imperialismo internazionale del denaro.

Non si condanneranno mai abbastanza simili abusi, ricordando ancora una volta solamente che l’economia è al servizio dell’uomo”.

Sottolineo che non si tratta di un brano del “Manifesto” di Karl Marx, ma dell’enciclica di un Papa. E mi fermo qui.

1)      La nostra Costituzione Repubblicana va difesa con passione e forza. Dinanzi all’eclisse della ragione, dell’etica e della legalità, essa è diventata una degli ultimi baluardi. Né la libertà, né l’uguaglianza possono essere realizzate fuori dal suo recinto; oltre esso vi è solo la legge della giungla e il tramonto dello stato di diritto. L’attuazione piena della nostra Costituzione, soprattutto nei suoi principi fondamentali, evoca una realtà diversa da quella che stiamo vivendo. La Costituzione italiana ha tanti nemici che operano per snaturarla svuotandola di contenuto. Occorre mobilitarci per impedirlo.

2)      La politica del nostro Paese attraversa una fase difficile. Talora è come se fosse morta. Vi è la sensazione di essere dentro un lungo tunnel del quale non si scorge l’uscita. Si diffonde una sorta di barbarie che coinvolge i  rapporti tra le forze politiche, le varie culture, le relazioni tra le persone. Tante sicurezze sono crollate. Molti si sentono perduti, in ricerca di nuovi porti ai quali approdare, sino al proprio interno che nei diversi contesti della vita collettiva. C’è il rischio di rinchiudersi nel privato, costruendo nuovi steccati che diventeranno prigioni nelle quali risulterà compressa ancora di più, l’esistenza di ciascuno. Occorre riscoprire ciò che è essenziale, entrare in un mare aperto con spirito libero e laico. C’è bisogno di armonizzare l’ordine dell’uomo e l’ordine delle cose, l’ordine del lavoro e l’ordine del denaro, occorre che la solidarietà prevalga sull’individualismo e il lavoro abbia il primato sulla proprietà. A questo scopo bisogna diffondere luoghi, spazi, occasioni di incontro riguardo ai nodi fondamentali dell’organizzazione sociale, per la formazione di una coscienza personale e collettiva consapevole dei diritti e dei doveri dei cittadini, dei meccanismi politici e amministrativi che ne tutelano e regolano l’esercizio. Bisogna rilanciare una cultura politica che ridefinisca lo spazio della politica stessa, risani la procedura per la raccolta del consenso, instauri un corretto rapporto con il cittadino quale protagonista della vita della società civile. La ricerca del bene comune dev’essere prioritaria di fronte agli interessi privati,  e non è separabile dal benessere della persona umana. Non c’è autentico sviluppo se non è di tutto l’uomo e di tutti gli uomini. Lo sviluppo deve investire tutta la persona, non può essere cioè di solo ordine economico, ma dev’essere di ordine etico e culturale.

E’ necessario, quindi, fronteggiare i pericoli che minacciano la dignità umana, la libertà individuale e le libertà sociali.

I valori fondamentali sono libertà, giustizia sociale, solidarietà, pace, rispetto dell’ambiente. Tali valori testimoniano la proprietà dell’etica sulla tecnica, il primato delle persone sulle cose. Essi si estendono a ogni impegno politico, nel senso di concrete decisioni da prendere, di campagne da condurre, di rappresentanze popolari da gestire, di potere da esercitare.

Lo scontro vero, oggi è tra individualismo e solidarismo, fra l’incentrarsi su di sé o sull’altro. Per un cambiamento reale l’impegno pertanto, è sui valori, è sulla riscoperta della politica come puro servizio.

Un progetto così ha bisogno di una classe politica rinnovata, che sappia infondere entusiasmo e dare speranza, suscitare ideali, passioni civili collettive, partecipazione diffusa, e dare contenuti alla politica.

Non serve una nomenclatura sempre più statica e autoreferenziale, logorata dal personalismo, dall’opportunismo, da cinismo. Solo ripartendo dai contenuti e da un rapporto nuovo e diretto con i cittadini si può costruire un’alternativa democratica che innanzitutto è di valori e poi di progetti e di programmi. Una classe politica che divenga riferimento per quanti vogliano dar voce al proprio disagio dev’essere rappresentata da donne e uomini credibili, dotati di forza morale, di capacità critica, di autostima intellettuale, di senso di responsabilità, di coraggio, e dev’essere capace di confrontarsi con la dura realtà quotidiana dei tanti emarginati di questo Paese.

Il progetto è complesso e il percorso lungo e difficile. Ma bisogna provarci. Anzi, abbiamo il dovere di farlo.

3)      All’interno di tale analisi e di questo percorso bisogna cominciare ad essere concreti, e ciò significa discutere assieme anche di Catania, della nostra città.

Catania ha bisogno di rinascere, ha bisogno di scelte politiche e amministrative serie, concrete, coerenti con programmi di sviluppo costruiti insieme ai cittadini ed in particolar modo con quanti sono stati da sempre esclusi dalla partecipazione consapevole alle decisioni.

Catania ha bisogno di fatti. E’ una scommessa che occorre vincere mettendo insieme i catanesi di buona volontà.

Un progetto che col tempo può ampliarsi alle realtà più vive e democratiche di questo Paese anche attraverso i nuovi mezzi di comunicazione. E allora dai, mettiamoci al lavoro con ottimismo e speranza, c’è tanta bella strada da fare.

Enzo Guarnera