Lettere dal carcere, dalle montagne, dalla clandestinità. Lettere di libertà. Lettere come quella che Eusebio Giambone, partigiano piemontese, manda alla figlia Gisella il 3 Aprile 1944 dal carcere di Torino: “Studia di buona lena come hai fatto finora per crearti un avvenire. Un giorno sarai sposa e mamma, allora ricordati delle raccomandazioni di tuo papà e soprattutto dell’esempio di tua mamma. Studia non solo per il tuo avvenire ma per essere anche più utile nella società, se un giorno i mezzi non permetteranno di continuare gli studi e dovrai cercarti un lavoro, ricordati che si può studiare ancora ed arrivare ai sommi gradi della cultura pur lavorando”.

O come quella del professore partigiano Paolo Braccini alla figlia prima di essere fucilato: “Sarò fucilato all’alba per un ideale, per una fede che tu, mia figlia, un giorno capirai appieno. […] Sapessi quante cose vorrei dirti ma mentre scrivo il mio pensiero corre, galoppa nel tempo futuro che per te sarà, deve essere felice. Ma non importa che io ti dica tutto ora, te lo dirò sempre, di volta in volta, colla bocca di tua Madre nel cui cuore entrerà la mia anima intera, quando lascerà il mio cuore. Tua Madre resti sempre per te al di sopra di tutto. Vai sempre a fronte alta per la morte di tuo Padre”.

Sono le lettere proposte dal Coordinamento Nazionale Docenti della disciplina dei Diritti Umani, in occasione del 25 aprile, con cui l’associazione intende ricordare “la stagione travagliata che ha condotto alla fine della Seconda guerra mondiale, partendo proprio da alcune testimonianze relative a corrispondenze epistolari strettamente personali che oggi assumono un valore particolarmente importante”. 

“I testi proposti sono tutti caratterizzati da una toccante umanità proprio perché pervasi dagli affetti familiari, dai legami universali, in cui tutti gli uomini possono riconoscersi e che dovrebbero costituire il comune denominatore per la costruzione di una società più giusta e solidale”.

“I valori che vengono espressi all’interno delle lettere costituiscono la fonte d’ispirazione su cui i padri costituenti hanno redatto la nostra Costituzione: onestà, coraggio, libertà intellettuale, fiducia nelle istituzioni democratiche, nello studio come mezzo di emancipazione individuale soprattutto femminile, speranza nella giustizia e nel futuro”.

Ecco cosa scrive il partigiano Vladimiro Diodati alla figlia Milena “Vedi, figlia mia, in tutti questi anni non sono riuscito a ritrovare la Fede, ma ogni volta che guardo il fazzoletto, il mio pensiero corre a quel Natale del ‘44. E, ogni volta, quasi trascinato da una forza misteriosa, torno a ripetere la preghiera che mi insegnò mia madre: ‘Ave Maria, gratia plena. Dòminus tècum. Benedicta tu in mulièribus et benedictus fructus ventris tui, Jesus…’. Ritrovo così la mia giovinezza e i miei sogni, mentre rivivo le speranze di quei giorni.”  

“È straordinario – si legge nella nota dell’associazione – come uomini sull’orlo della morte riuscissero a conservare un pensiero così lungimirante, generoso e assertivo; la consapevolezza della propria integrità non viene mai meno e diventa monito ed esempio per la condotta morale da indicare ai propri figli”.

Infine il ricordo di un grande Padre costituente, Piero Calamandrei: “Grandi voci lontane, grandi nomi lontani. Ma ci sono anche umili nomi, voci recenti. Quanto sangue, quanto dolore per arrivare a questa Costituzione!! Dietro ogni articolo di  essa o giovani, voi dovete vedere giovani come voi, caduti combattendo, fucilati, impiccati, torturati, morti di fame nei campi di concentramento, morti in Russia, morti in Africa, morti per le strade di Milano, per le strade di Firenze, che hanno dato la vita perché la libertà e la giustizia potessero essere scritte su questa Carta”. 

Barbara Contrafatto