Un poeta. Nessun’altra definizione merita il belpassese Alfio Naso, che oggi, a ottantaquattro anni, è passato a miglior vita, dopo un’esistenza fatta di sacrifici (faceva il venditore ambulante), ma anche di soddisfazioni. Di lui nessun grande giornale si occuperà. Eppure questo artista va annoverato fra i più grandi poeti “della strada” che la scuola siciliana abbia mai prodotto.

Non era uno colto, Alfio Naso, modesto il suo titolo di studi (probabilmente scuole elementari), ma quando cominciava a recitare quei versi dialettali pieni di pathos e di ironia riusciva a catturare l’attenzione della gente, che a volte volgeva verso il sorriso, a volte verso la commozione, fino al pianto.

Le sue poesie più belle, per noi, restano quelle drammatiche, quelle che traggono spunto dai fatti di tutti i giorni o dal mondo contadino che Naso amava e cantava, quelle che derivano dalla “grande scuola belpassese” di inizio Novecento, che ebbe in Pasquale Carciotto “Causicarta”, in Santo Proietto detto “u signu”, in Luciano Caudullo detto “u pueta” gli straordinari epigoni delle “mascarate” recitate nel periodo di Carnevale e dei “cuntrasti”, con i quali i poeti si sfidavano nella pubblica piazza davanti a un popolo festante, che tifava ora per l’uno ora per l’altro.

Alfio Naso (assieme a Pasquale Caruso, nipote del grande “Causicarta”) ha raccolto questo straordinario patrimonio culturale scrivendo migliaia di versi (tanti i premi ricevuti in giro per la Sicilia) e dando alle stampe diversi libri, che ho avuto l’onore di presentare.

Era una persona mite, umile, entusiasta delle sue produzioni: quando lo incontravo stavo ore ad ascoltarlo, alla fine di ogni poesia mi tratteneva, “aspetta, ascùta ss’autra, è troppu bbella”, e ripartiva con le sue rime che si perdevano fra i balconi barocchi di Belpasso. “Com’era, dimmi ‘a virità?”. “Bellissima, Alfio”. Non lo dicevo per piaggeria. Le sue poesie erano davvero bellissime.

Sì, Alfio Naso l’appellativo di Poeta con la lettera maiuscola lo merita tutto. Per questo, hanno fatto bene i suoi figli, Daniele, Roberto e Agata, a scrivere nei manifesti listati a lutto: “Per il Poeta Alfio Naso” (Luciano Mirone).

Quella che segue una delle poesie di Naso (un capolavoro per noi) che abbiamo scelto per i lettori. La lasciamo così com’è, in siciliano (senza traduzioni), per non perdere la musicalità dei suoi versi.

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LAMPIDUSA

“C’è ‘n paradisu d’oru, sicilianu,
ccu l’acqua di lu mari cristallina,
spiranza ppi cu’ veni di luntanu
ppi calpistari ‘sta terra divina.

Ma ppi qualcunu lu distinu è stranu,
ca mentri a Lampidusa s’avvicina
e la so riva ci stenni li manu,
s’affunna ‘a barca, ppi la so ruvina.

E mori la spiranza a la strania,
sutta lu nostru suli e la biddizza,
mentri la morti cogghi e sintinzìa

E Lampidusa, china di tristizza,
varda lu mari mentri trìmulia,
sì vesti a luttu e agghiutti amarizza.

E chiangi ppi li poviri emigrati
ca a li so’ pedi morunu anniati” (Alfio Naso)